Secondo la definizione dell’enciclopedia Treccani, il complottista è “colui o colei che ritiene che dietro molti accadimenti si nascondano cospirazioni, trame e complotti occulti”. Di conseguenza per complotto si intende un intrigo, orchestrato segretamente, per ottenere un preciso scopo a danno della comunità o di un gruppo specifico.
L’omicidio del presidente Kennedy, l’attentato alle Torri Gemelle, le scie chimiche, gli alieni, il 5G, l’immigrazione come sostituzione etnica, QAnon sono alcuni dei più recenti esempi di teorie del complotto.
Ma questi fenomeni hanno radici che affondano nei secoli passati. Ad esempio nell’immaginario di QAnon, basato sull’idea di una setta di potenti pedofili che controlla il mondo, riconosciamo facilmente la discendenza di un complottismo risalente a secoli fa. Parliamo del “sacrificio del sangue”, ovvero dell’idea che gli ebrei praticassero omicidi rituali di bambini cristiani. Fu questa accusa a portare alla distruzione della comunità ebraica di Trento nel 1475 e alla beatificazione (sino al 1965) della loro presunta vittima, il piccolo Simone. Una narrazione che proprio dalla città da cui scriviamo si è diffusa, grazie alla nascente stampa, in tutto il mondo, e che oggi si offre come modello per altre teorie sorte in questi ultimi decenni.
Proprio per questo, abbiamo scelto di dare ampio spazio alla vicenda in questo numero di History Lab Magazine, sia ripercorrendone le vicende sino ai nostri giorni che intervistando Domenica Primerano, già direttrice del Museo Diocesano Tridentino e curatrice della premiata mostra L’invenzione del colpevole. Il “caso” di Simonino da Trento, dalla propaganda alla storia.
L’antisemitismo è ancora oggi il punto di congiunzione, esplicito o implicito, tra le diverse teorie che riguardano presunte trame oscure. Bramosi di conquistare il mondo, attraverso la finanza o la sostituzione etnica, gli ebrei continuano a essere presentati come “burattinai”; ma oltre ai tradizionali attributi fisici, dal naso aquilino ai boccoli, sono le caratteristiche morali loro attribuite a contraddistinguerli, indicandoli come infidi, bugiardi, crudeli. Questa costante lega senza soluzione di continuità l’omicidio rituale del “piccolo Simone da Trento” alle accuse al miliardario ebreo George Soros che infestano le bacheche dei social. Ci è sembrato interessante, per questo, dedicare la rubrica Pop Culture all’ironico mockumetary Pecore in erba, un finto documentario che racconta in chiave parodica un mondo in cui gli antisemiti sono ormai socialmente accettati e viene loro riconosciuto il diritto di esprimere le proprie idee.
Seguendo le multiformi mutazioni dell’antica accusa rivolta contro gli ebrei abbiamo scelto di interrogarci sul presente, di percorrere il tragitto spazio-temporale che dalle strette vie della Trento medioevale porta alla scalinata di Capitol Hill, presa d’assalto da una folla che sventolava le insegne con la “Q” di QAnon. In questo tragitto abbiamo chiesto di aiutarci nel tracciare la rotta a Gad Lerner e Leonardo Bianchi, due giornalisti molto diversi per età e strumenti utilizzati, ma entrambi capaci di un punto di vista non banalizzante sulla questione del complottismo.
Perché non stiamo parlando di pochi marginali o eccentrici con il cappello di carta stagnola in testa, bensì di portatori di una visione del mondo che è in buona parte entrata a far parte del discorso pubblico sui media mainstream e tra i rappresentanti delle istituzioni. Anziché sui complottisti in sé e per sé, abbiamo preferito concentrarci quindi sul perché la società sia così ricettiva ai loro messaggi. Lo abbiamo chiesto al sociologo Nadio Delai, che ci ha illustrato il rapporto che il Censis ha dedicato alla diffusione del pensiero irrazionale nel nostro Paese.
Speriamo così d’aver dato conto, pur con una panoramica parziale, di un fenomeno tanto influente nella storia come nell’attualità; un fenomeno caratterizzato da una pluralità di cause e di forme.
(Aggiornato al 17 ottobre 2022)