Se Pinochet fosse vivo voterebbe per me
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L’11 settembre 1973 David Muñoz Gutiérrez si trovava a Santiago e assistette in diretta ai primi concitati momenti del golpe, come racconta in questa intervista. Era un dirigente del Partito socialista cileno, segretario regionale della provincia di Cautin. Ricercato dal regime di Pinochet, cominciò un periodo di clandestinità fino all’arrivo all’ambasciata italiana dove rimase quasi un anno. Nel 1974 riuscì ad espatriare in Italia: da quel giorno vive nel nostro Paese, a Bologna.
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Il colpo di stato di Pinochet ha effetti importanti sulla politica italiana. Perché, scrive Berlinguer, ciò che è avvenuto in Cile è un “fatto di portata mondiale”, che impone interrogativi e riflessioni a tutte le forze popolari e democratiche. In questo articolo ripercorriamo il suo pensiero.
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È stata una delle figure più rappresentative della guerra fredda: contribuì in maniera decisiva alla vittoria del blocco occidentale nella gara tra Est e Ovest con manovre politiche a dir poco spregiudicate. A cinquant’anni da uno dei suoi “successi” mai rivendicato, il golpe Pinochet, un ricordo ironico di Henry Kissinger.
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Studioso della storia e delle istituzioni dell’America Latina, ricercatore indipendente della Fondazione Lelio e Lisli Basso, Andrea Mulasè autore di diversi saggi, tra cui tre sull’esperienza del governo Allende in Cile e il suo influsso a livello italiano. Scrive per Confronti, Patria e Jacobin. Gli abbiamo chiesto di inquadrare la vicenda del colpo di stato di Pinochet nei suoi influssi sulla politica e la società italiane, oltre che di raccontarci gli effetti di lungo periodo sulla società cilena.
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Sono passati 50 anni dal colpo di stato in Cile. Una delle ferite più profonde per la storia della società locale è rappresentata da Colonia Dignidad, un’enclave conformata da una setta di emigranti tedeschi filonazisti il cui gerarca era dedito alla pedofilia, che divenne centro di tortura, assassinio e desaparición degli oppositori politici al regime di Augusto Pinochet. E che si costruì sopra le macerie di una fallita colonia trentina.
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La suora italiana Valeria Valentin salvò centinaia di persone durante la dittatura militare in Cile. Un docufilm della Fondazione Museo storico del Trentino ne racconta la storia.
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Si può raccontare la dittatura militare di Pinochet attraverso protagonisti marginali, situazioni grottesche e un’estetica sgradevole? Una delle voci più interessanti del cinema cileno, protagonista anche all’ultimo Festival di Venezia, ci fa conoscere la drammatica storia del suo Paese attraverso punti di vista inattesi: i passi di Tony Manero imitati da un ballerino senza scrupoli, le giornate grigie di un impiegato dell’obitorio, le trovate di un pubblicitario per rovesciare il sistema e la crisi esistenziale di un vampiro in Patagonia.
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