Tutti gli uomini del Watergate

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Lo scandalo Watergate iniziò il 17 giugno 1972 con l’arresto di cinque uomini per l’effrazione negli uffici del Comitato nazionale del Partito democratico, dentro il palazzo Watergate a Washington, D.C. I giornalisti del Washington Post, Bob Woodward e Carl Bernstein, scoprirono come fosse parte di una più ampia cospirazione politica orchestrata dal Comitato per la rielezione del presidente Nixon. Le indagini rivelarono intercettazioni illegali e un uso spregiudicato del potere, un’applicazione del precetto machiavellico del “fine giustifica i mezzi” nel cuore della democrazia americana. Le rivelazioni portarono alle dimissioni di Nixon il 9 agosto 1974, il primo presidente americano a dimettersi.

Prime pagine dei giornali all’indomani dello scandalo Watergate @Storica National Geographic

Nel 1972, durante lo scandalo Watergate, l’attore e produttore Robert Redford rimase affascinato dal lavoro dei giornalisti del Washington Post. Riconoscendo nel loro libro All the President’s Men il potenziale di creare un film dal grande impatto nell’America ancora turbata dalla recente ferita, decise così di contattare i due giornalisti, incontrandoli nella sua casa in California nel 1974.

Durante l’incontro, Redford espose la sua visione di un film che mantenesse l’integrità dell’inchiesta giornalistica. Woodward e Bernstein erano inizialmente scettici, temendo una rappresentazione sensazionalistica. Tuttavia, Redford li rassicurò promettendo fedeltà ai fatti e coinvolgendoli nel processo di sceneggiatura e produzione. Questo accordo segnò l’inizio della collaborazione per la realizzazione del film. La produzione di Tutti gli uomini del presidente coinvolse figure chiave che contribuirono a creare un film accurato e coinvolgente. William Goldman, uno degli sceneggiatori più affermati di Hollywood, adattò il libro di Woodward e Bernstein in una sceneggiatura avvincente, tale da aggiudicarsi un Oscar. La sua abilità nel condensare complesse indagini giornalistiche in una narrazione cinematografica risultò cruciale. Alan J. Pakula, noto per il suo stile sobrio e la capacità di costruire tensione, fu scelto come regista, e lavorò per mantenere un’atmosfera di autenticità e suspense, rendendo il film un classico del cinema americano. Nelle intenzioni di Redford la pellicola non doveva essere un thriller ma l’allegoria d’un sistema di potere, quello del presidente Nixon, messo in difficoltà dalla forza della verità e della giustizia e portato a dimettersi.

Robert Redford (Woodward) e Dustin Hoffman (Bernstein) si impegnarono profondamente per entrare nei loro ruoli. Trascorsero molto tempo nella redazione del Washington Post, osservando i due giornalisti al lavoro. Inizialmente decisero di girare il film proprio nella sede del giornale ma si resero presto conto che avrebbero creato troppo caos. Per questo la redazione venne ricreata fedelmente negli studios. Questa immersione nel mondo del giornalismo investigativo contribuì a rendere le loro interpretazioni realistiche e credibili.

I giornalisti Woodward e Bernstein nella realtà
I giornalisti Woodward e Bernstein nella finzione cinematografica

Realizzare un film sul Watergate significò portare dinnanzi al “tribunale dell’opinione pubblica” il potere e la sua corruzione. Altri film e serie hanno esplorato lo scandalo offrendo ognuno una prospettiva unica e concentrandosi su aspetti differenti della vicenda. Frost/Nixon (2008), diretto da Ron Howard, è un dramma basato sulle interviste del giornalista britannico David Frost con Richard Nixon, che ci racconta più dei rapporti della società americana con la vicenda, mentre Nixon (1995) di Oliver Stone offre un ritratto sfumato e cangiante del 37º presidente degli Stati Uniti, esplorando la sua vita e il suo ruolo nel Watergate ed enfatizzandone ambizioni e fallimenti. Ultimo in ordine di tempo è Gaslit (2022): la serie TV con Julia Roberts e Sean Penn racconta le storie meno conosciute di personaggi coinvolti nello scandalo, focalizzandosi su Martha Mitchell, la moglie del procuratore generale di Nixon. Possibile figura chiave, al livello del famosissimo altro whistleblower Mark Felt, Mitchell fu avversata in ogni modo, rapita e poi screditata dalla stampa filogovernativa e dal presidente stesso. Questa serie vuole, oltre che riaffrontare le tematiche del Watergate, porre l’attenzione sulla condizione delle donne nelle alte sfere di potere e l’estromissione di tutte coloro che cercano di minarne le fondamenta patriarcali.

Andrea Pedicone 
Nato a Teramo nel 2001, si è laureato a Bologna con una tesi biografica di storia contemporanea su Carlo Sforza. In futuro vorrebbe essere un topo di biblioteca professionista, molto appassionato nel raccontare libri di fantascienza a interlocutori più o meno interessati.

(Aggiornato al 4 luglio 2024)