“Congelateli… dove?” Quella volta che per errore Mussolini cambiò il vocabolario

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È la fine di giugno del 1943. La guerra sta andando male, molto male, per il fascismo. Da qualche mese ormai la guerra è entrata nelle case degli italiani: bombardamenti, razionamenti, scioperi che chiedono pane e pace si susseguono, mentre voci sempre più insistenti riferiscono che l’ammassamento di truppe alleate sulle coste nordafricane prelude a un’invasione del territorio metropolitano. Sardegna o, più probabilmente, Sicilia.

Il duce ha bisogno di rinserrare i ranghi in vista di una guerra in territorio italiano e durante una riunione del direttorio del partito fascista il 24 giugno definisce quale sarà l’atteggiamento del regime verso un eventuale sbarco: “Bisogna che non appena questa gente tenterà di sbarcare, sia congelata su questa linea che i marinai chiamano del bagnasciuga!”. Il 5 luglio il discorso viene diffuso dall’EIAR (Ente italiano per le audizioni radiofoniche) nelle radio di tutto il Paese. Un discorso potente, tra gli ultimi del fascismo regime, che però lascia perplessi i funzionari della radio di Stato: “che cos’è un bagnasciuga?” si chiedono in molti.

La parola tipica del linguaggio marinaresco, è un termine tecnico che indica la porzione di scafo di una nave, la murata, che solitamente viene lambito dalle onde. Solitamente viene dipinto di due colori diversi in modo da poter tenere d’occhio la linea di galleggiamento. In inglese il termine viene ancora oggi tradotto con loadline, linea di carico. Solo pochissimi in Italia (pare i pescatori dell’Isola d’Elba) all’epoca usavano il termine per definire la linea di spiaggia lambita dal mare.

“Cosa vuol dire Mussolini?” si chiedono gli ascoltatori del roboante discorso. Non è probabile che il duce voglia metaforicamente “congelare” gli alleati a mezz’altezza sugli scafi delle loro navi. Non ha molto senso e non è nemmeno un’immagine efficace. Un ottimo retore come Mussolini avrà sicuramente creato un’immagine diretta e convincente del fallimento del possibile sbarco angloamericano: i soldati dello zio Sam “congelati” sulle spiagge, incapaci di avanzare di fronte alla resistenza italica. Molto più penetrante, come metafora, sicuramente. Solo che il tratto di spiaggia a cui si dovrebbe riferire il dittatore un nome ce l’ha già, e non è quello che egli usa. La parte di spiaggia bagnata dalle onde si chiama, in italiano standard, battigia.

Possibile che il duce si sia confuso, che abbia scambiato le parole, in parte assonanti? È dagli anni venti che il motto “il duce ha sempre ragione” accompagna le vite degli italiani e pare poco probabile che il vecchio capo sbagli grossolanamente una parola in uno dei suoi discorsi più importanti per le sorti della guerra (anche uno degli ultimi a capo del governo).
E quindi, che si fa?
La cosa incredibile di questa vicenda è che il “discorso del bagnasciuga” diventa l’immagine plastica della forza della comunicazione totalitaria fascista. Di fronte al probabile errore d’uso di una parola da parte di un uomo che per 20 anni ha monopolizzato la retorica politica del Paese e ha letteralmente insegnato agli italiani la moderna arte dell’uso degli strumenti di comunicazione di massa il possibile “inciampo” mussoliniano non viene seriamente considerato.
Sono parole comunque poco diffuse, appartengono ad ambiti gergali: “il duce non sbaglia, probabilmente ricordo male io…”. Questo il pensiero fatto da molti in quell’inizio estate del 1943, con altri problemi all’orizzonte che non quelli di grammatica.

Quattro giorni dopo la diffusione del discorso, gli alleati sbarcano davvero e non rimangono congelati né sul bagnasciuga né sulla battigia. Il discorso viene presto archiviato come un passaggio quasi ironico che accompagna il crollo del regime, e congelare (o inchiodare, in qualche versione) sul bagnasciuga diventa un’espressione idiomatica. Bagnasciuga, da espressione tecnica marinara, si diffonde sempre più col significato che presuntivamente le ha attribuito Mussolini, affiancando e spesso sostituendo nel parlato il più corretto battigia. 
Non è la prima volta che, nella storia della lingua, una parola cambia radicalmente di significato a seconda dell’uso (basti pensare alla parola meme, nata in biologia e ora utilizzata nella comunicazione web). Quello che però colpisce della storia della parola bagnasciuga è che il cambio di significato viene imposto da un dittatore che, al momento della diffusione del suo errore, è già nella parabola finale discendente del suo carisma effettivo. 

Mussolini avrà ancora davanti solo 20 giorni di governo del Paese, dopodiché perderà il monopolio della comunicazione pubblica italiana e verrà screditato e attaccato pubblicamente. Una figura di cui, si può pensare, sarebbe anche facile ridere sottolineandone gli svarioni. Invece bagnasciuga viene assunta senza resistenze dal linguaggio comune anche post fascista ed è tuttora parola di uso corrente.


Questo perché la forza di trascinamento dell’immaginario pubblico costruito dal fascismo non solo dopo 20 anni di raffinazione raggiunge una capacità di diffusione eccezionale, ma perché per intere generazioni di italiani ormai l’abitudine imposta dal fascismo è quella di ricevere passivamente la comunicazione del potere senza particolari artifici critici. Bagnasciuga, in questo contesto, non dimostra solo la forza del messaggio totalitario, ma anche la sua caratteristica di essere un modo di comunicare così efficace, perché semplice e diretto, da sopravvivere al suo stesso creatore e condizionare in maniera determinante non solo la costruzione della comunicazione politica e sociale del Paese ma anche il modo in cui essa viene per lungo tempo percepita e recepita. Una delle caratteristiche salienti dei regimi totalitari di massa del Novecento è quella di aver avuto la capacità di conquistare e detenere per lungo tempo il monopolio della comunicazione pubblica. Non è possibile sottovalutare, nello studio storico di questi regimi, anche l’impatto e l’effetto di trascinamento dei potenti motori simbolici che la retorica totalitaria ha saputo innescare nelle società che hanno subito queste dittature e più in generale sul panorama della comunicazione politica di un intero secolo. Le parole dei dittatori evidentemente continuano a pesare, anche se qualcuno coltiva l’illusione che questi discorsi siano solo parole scritte sulla sabbia del bagnasciuga… o della battigia…

 (Aggiornato al 7 luglio 2022)