Il profumo delle mimose

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Nel ventesimo secolo, in Europa sono state vinte molte delle lotte combattute per dare anche alle donne gli stessi diritti civili, economici e sociali che avevano gli uomini. Nella realtà c’è ancora un forte divario nei salari, nella presenza ai vertici delle imprese e delle istituzioni e la lotta fondamentale delle nostre nonne e madri si è allargata dalle piazze fino a invadere i terreni impalpabili dei simboli. 

Le donne sono ancora poco visibili in molte sedi dove è importante che il loro punto di vista e le loro competenze trovino posto. Anche quando ci sono, non sempre si dà loro la parola. 

Che sia la commissione di concorso, il tavolo di un talk show o di un convegno, l’autorevolezza è ancora spesso frettolosamente attribuita per lo più a persone di sesso maschile. Avete presente quei vecchi annunci degli occhiali che riuscivano a far scomparire gli abiti per vedere le persone (ok, alludevano solo alle donne) nude? Sembra che quegli occhiali siano indossati da chi organizza i palinsesti, distribuisce le nomine e le promozioni e rendano invisibili non gli abiti ma le donne nella loro interezza, fatta di esperienze, studi e capacità.

Questo filtro ottico che impedisce l’equità tra uomini e donne si chiama patriarcato, non è un’esclusività degli uomini ma una sorta di liquido amniotico in cui vivono tutti e tutte. Quello che cambia è il grado di immersione, la consapevolezza della sua esistenza e la volontà di volerne uscire. Sono soprattutto le vittime di questo sistema culturale ad essersi accorte per prime della sua esistenza e a volersene liberare, ed è stata la componente femminile della società che si è mossa per scardinarlo. Se inizialmente è stato un movimento anche in contrapposizione al maschile, nel tempo si è riconosciuto che questo processo di “emancipazione” della società riguarda tutti e tutte. Una vicinanza che forse fatica a scendere dal livello della richiesta dei diritti a quello della vita quotidiana, se si considera che il carico del lavoro domestico e di cura in Italia pesa ancora più sulle donne. Fuori dalle abitazioni, nel mondo del lavoro non succede frequentemente che i colleghi maschi riconoscano le mille sfumature del gap di genere che pesa sulle colleghe. Senza aprire il capitolo della molestia.

Da qualche mese in Italia si ha per la prima volta una presidente del Consiglio dei Ministri. Un segnale di rottura con il passato, che sarebbe ancora più forte se anche le scelte di comunicazione di Giorgia Meloni fossero di discontinuità. Come altri precedenti internazionali, è stata una forza politica conservatrice a portare al vertice del Governo una donna, mentre i progressisti italiani – programmaticamente favorevoli all’equiparazione di donne e uomini –stentano ad esprimere figure di primo piano nella leadership, almeno fino alla nomina di segretaria  del principale partito della sinistra italiana di Elly Schlein. La biografia di Meloni è del tutto inscritta in un quadro di emancipazione dai valori tradizionali: cresciuta con la madre e la sorella, è una politica di professione, è convivente e ha una figlia senza essere sposata. Ma il suo partito difende la famiglia tradizionale e lei non vuole essere chiamata con la declinazione al femminile: donna sì, volitiva e indipendente anche, ma che non mette in discussione la forma, preferendo che la sua femminilità rimanga coperta dagli aggettivi in “o”.

Rivoluzionaria e rassicurante, l’equilibrismo di Meloni è una strategia per fare senza spaventare, un metodo che le donne perseguono da secoli. Governare, ma lasciando lo scettro al re consorte; dipingere, ma chiudendo le proprie opere in cantina; fare scoperte scientifiche, ma intitolandole al cognome del marito; guidare un Consiglio dei Ministri, ma facendosi chiamare “il” presidente. Presenti ma discrete, dimenticate dagli storici che hanno continuato a non vederle, etichettate come pazze e isteriche quando hanno voluto prendere la scena, alzare la voce per chiedere a pieni polmoni invece di suggerire educatamente dietro una tazza di the.

Lo sentite nell’aria? È il profumo intenso, sfacciato e pervasivo delle mimose. Lasciamo che invada le stanze, gli uffici, i palazzi.

(Aggiornato all’8 marzo 2023)

L’articolo è stato pubblicato anche sull’edizione dell’8 marzo 2023 de Il T Quotidiano