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La Trento fascista, un itinerario cittadino

Possiamo, con una semplice passeggiata fra le vie di Trento, parlare di un regime nato un secolo fa? È una domanda gratuitamente retorica, posta perché questa attività può sembrare molto distante da altre che propone la Fondazione Museo storico del Trentino, forse persino troppo leggera, vista la tematica in questione. Eppure una camminata cittadina può essere un ottimo modo per applicare en plein air il metodo storico e l’analisi critica delle fonti. In questo caso, infatti, non siamo in una sede museale o in un archivio, perché le nostre fonti sarebbero più grandi dell’archivio stesso. Non ci troviamo fra le mani una lettera, una fotografia, una divisa: ci troviamo di fronte a macro-documenti.

Rubo a Emilio Gentile il concetto di “fascismo di pietra”: abbiamo a che fare, in effetti, con un regime che ci ha lasciato in eredità – ci piaccia o meno – un’ingombrante mole di edifici, monumenti, interventi urbanistici, arredi urbani. E questo vale per molti luoghi: Roma, la Capitale dell’Impero, ma anche per numerose città di provincia, come Trento. Eppure questa eredità, voluta a suo tempo come arsenale e palestra per educare i nuovi italiani è uno strumento incredibile per mostrare, oggi, aspetti dell’ideologia fascista, e per cercare di comprendere il contesto politico-culturale dell’Italia del Ventennio. 

Mussolini arringa la folla in piazza Duomo a Trento, 31 agosto 1935 – FMST, Archivio fotografico

Un edificio scolastico permette di parlare dell’educazione dei giovani, mentre una piazza può illustrare l’uso degli spazi pubblici durante feste, parate e cerimonie. Chiaro, gli stessi discorsi li possiamo fare in classe o al museo, ma le nostre parole prendono tutt’altra evidenza quando siamo in presenza dell’oggetto architettonico. A Trento possiamo osservare ciò che hanno realizzato importanti architetti italiani come Angiolo Mazzoni, ma anche uno dei primi lavori di un architetto trentino come Adalberto Libera, che avrebbe poi proseguito una notevole carriera fuori regione. 

La stazione ferroviaria realizzata da A. Mazzoni nel 1936, Trento – FMST, Archivio iconografico

Questo “fascismo di pietra” assume una sfumatura peculiare nel nostro contesto locale: quella che a suo tempo sarebbe stata chiamata Venezia Tridentina (il corrispettivo oggi delle province autonome di Trento e Bolzano/Bozen) era una zona da pochissimo annessa al Regno d’Italia. Per il Südtirol il regime studia un piano di pesantissima italianizzazione, che coinvolge la lingua, la cultura e ovviamente l’architettura, prevedendo per Bolzano un vero e proprio piano regolatore cittadino. Si realizzano un’ampia serie di interventi, uno su tutti il celeberrimo Monumento alla Vittoria, che sono ancora oggi nervi scoperti della società sudtirolese, anche se in anni recenti non sono mancati interessantissimi tentativi di rilettura e ricontestualizzazione degli stessi. Non censurandoli, dunque, ma cercando di collocarli entro una giusta prospettiva storica.

Sfilata fascista in piazza Dante, sullo sfondo la stazione di A. Manzoni, 11 ottobre 1936 – FMST, Archivio fotografico

Per quanto riguarda il Trentino il discorso è un po’ diverso. Un monumento fascista oggi non suscita la stessa impressione di colonialismo culturale, anche se gli anni dell’annessione non sono stati privi di tensioni. In quel frangente il fascismo va raffinando il mito della Grande Guerra come guerra di unificazione e di liberazione. Ancora una volta i monumenti sono lo strumento propagandistico d’eccellenza: dalla memoria pubblica vengono progressivamente rimossi coloro che avevano combattuto nell’esercito austroungarico, mentre sotto i riflettori finiscono gli irredentisti, a rappresentare la volontà compatta dei trentini di essere “redenti”, ovvero annessi all’Italia. Citazioni di Mussolini in pieno centro ricordano il valore del sangue dato per la patria, colossali sculture reggono la carabina. Il continuo riferirsi alla guerra, infatti, non è solo uno sguardo verso il passato ma serve anche a preparare una nuova generazione di italiani alle guerre future.

Piazza littorio a Trento (ora piazza Battisti), progettata da E. Gaffuri e G. Segalla, inizio ’40 – FMST, Archivio iconografico

Poter spiegare a uno studente di oggi le illusioni con le quali il fascismo nutriva un suo coetaneo di non troppo tempo fa, poterlo fare davanti a tutti questi monumenti, qualsiasi forma essi abbiano, ci mostra come questi stessi monumenti abbiano ancora un ruolo da giocare per noi contemporanei, non per fomentare nostalgie e apologie, ma come strumenti fondamentali per una lettura critica del passato e per la crescita di cittadini consapevoli.

La casa del fascio di G.Lorenzi durante un bombardamento aereo, 2 settembre 1943 – FMST, Archivio fotografico

L’attività dura circa due ore, prevede un itinerario a tappe nel centro di Trento senza particolari complessità motorie. Si rivolge a tutti gli studenti della scuola secondaria di primo e secondo grado ma è molto indicata anche per gruppi di privati.

(Aggiornato al 6 maggio 2022)