Qual è il tuo ruolo alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo?
Sono l’ufficio stampa (la mia professione) e il social media manager “sui generis”. Ho superato i 40 anni e mi sono laureato in Scienze della Comunicazione all’Università degli Studi di Torino.
Come fate a essere così “fichi” nella vostra comunicazione social?
Perché siamo Jedi. Il vero e unico social media manager della Fondazione è il Maestro Yoda (@yodarte su Instagram). E poi siamo agenti del caos: come il Joker creiamo il caos perché è equo. La nostra comunicazione è rivolta a tutte e a tutti. E siamo in anticipo sul percorso (è sempre una citazione di Joker): altri musei sono diventati meno respingenti nella comunicazione dopo aver intuito che quella della Sandretto funzionava.

Come è cambiata nel tempo la vostra identità online?
Credo di poter affermare che la Sandretto sia stata la prima istituzione culturale ad utilizzare una comunicazione pop. Una delle missioni della Fondazione è ampliare il pubblico dell’arte contemporanea. Come puoi coinvolgere un pubblico a cui non interessa l’arte visiva? Cercando di trovare un linguaggio in comune. Trovare un link con altri argomenti/interessi che possano incuriosire il potenziale nuovo pubblico. Sui social il linguaggio è diverso rispetto ad altri canali di comunicazione. Il comunicato stampa che mando ai giornalisti e alle giornaliste sarebbe incomprensibile a chi non ha dimestichezza con l’arte contemporanea o non è interessato ai grandi dibattiti della società contemporanea. Sui social della Fondazione cerco proprio la semplicità, utilizzando anche l’ironia per entrare in sintonia con chi non è a suo agio con l’arte contemporanea. Mi immedesimo (anche) in queste persone e “posto cose”. La Fondazione espone arte contemporanea, il “dispositivo linguistico contemporaneo” sui social è il meme. Come possiamo, soprattutto noi, ignorarlo?
Come nascono le idee per i post e con che ritmo pubblichi?
Nascono tre minuti prima nella mia testa. È capitato di postare anche 6 contenuti al giorno per settimane (un giorno 12), ora la media è 3 al giorno.
Raccontaci la storia di un post che ha “spaccato”.
Oltre alle immagini con la Presidente Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, quello che ha più successo in termini di like, condivisioni e commenti è il post in cui il primo aprile, da tre anni, io annuncio che il social media manager della Fondazione andrà via. Altri post che sono entrati nella “mitologia”: le conversazioni in DM su Instagram con altri musei italiani di arte contemporanea in cui chiediamo come si scrive nel loro dialetto “venite a Torino, visitate la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo e iscrivetevi alla nostra newsletter”.

Quanto ha pagato questo tipo di comunicazione in termini di visibilità online e di ingressi reali nelle vostre sedi?
Funziona, ma il lavoro principale e fondamentale lo svolge il nostro dipartimento educativo: attraverso i loro laboratori coinvolgono numerosi studenti, giovani e giovanissimi.
Come vi rapportate alle altre istituzioni? Qualcuno si è mai incazzato per essere finito nei vostri meme?
All’inizio capitava che non interagissero: non sapevano come/cosa fare. Si ritrovavano taggati sui nostri social e entravano in crisi(del tipo: Cosa rispondiamo adesso?). Ora non vedono l’ora.

Un’ultima domanda: ma quanto vi divertite?
Il 50% delle volte non so quale reazione potrà esserci dopo un post, quindi vivo con uno stress continuo. Lo shitstorm è sempre dietro l’angolo. Comunque i social della Sandretto sono la dimostrazione che argomenti complessi possono essere affrontati con leggerezza. Io sono certo che molte ragazze e ragazzi sappiano che esiste il cambiamento climatico perché hanno ascoltato, per esempio, il podcast Muschio Selvaggio di Fedez, non perché hanno letto l’editoriale di Mario Tozzi sul Corriere della Sera.
(Aggiornato al 17 novembre 2022)