La “fatica” della verità

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Che cos’hanno in comune l’attentato alla stazione di Madrid dell’11 marzo 2004, l’affaire Dreyfus, lo scandalo della pedofilia nella chiesa cattolica, la tragedia del Vajont, la strage di Ustica, la morte di Wilma Montesi, “Mani pulite”, le corrispondenze di guerra e il caso Watergate?
Si tratta di eventi che permettono di costruire una casistica sulle forme di distorsione dell’informazione e ci mostrano come l’accostamento tra media e verità rischi spesso di presentarsi nelle vesti di un nocivo cortocircuito.

Il cosiddetto “Quarto potere”, rappresentato dalla stampa, raramente è autonomo ed è influenzato da forze esterne di natura politica ed economica. A maggior ragione, il plagio e la strumentalizzazione aumentano quando l’evento colpisce in profondità l’opinione pubblica giungendo potenzialmente a riorientare i giudizi su ciò che sta dietro la dinamica dell’accaduto. Da questo punto di vista l’affaire Dreyfus apre il moderno dibattito sull’opinione pubblica, con orientamenti predeterminati, a dispetto delle evidenze, e un iter che si trascina per 11 anni dal 1895 al 1906.
In tutti i casi qua affrontati le istituzioni forniscono una prima versione dell’evento sulla quale la stampa deve confrontarsi. 
Il lavoro di ricostruzione giornalistica di un evento non risente soltanto della fatica di ricomporre in sequenza i fatti e le loro responsabilità, ma si deve misurare con gli effetti distorsivi provocati dal desiderio delle istituzioni di “gestire il caso”, minimizzandolo, come avviene per la morte di Wilma Montesi, per il crollo della diga del Vajont (attribuita a  cause naturali e non a responsabilità personali) e per la strage di Ustica, derubricata a cedimento strutturale del Dc 9 e non allo sciagurato impatto di un missile che avrebbe dovuto colpire un aereo libico. 
La comune priorità in questi tre casi è evitare che le vicende vadano a nocumento delle autorità (politiche, economiche o militari che siano). Per rendere efficace il ridimensionamento di un evento è necessario trovare subito una narrazione che lo giustifichi. Far passare troppo tempo, senza indicare un motivo scatenante, può diventare nocivo per le istituzioni con il rischio che si affermino ricostruzioni non gradite.

Viceversa, un evento può essere strumentalizzato al fine di ottenere un consenso politico sull’onda emotiva: un canovaccio consolidato per quanto riguarda la stagione dello stragismo nero in Italia (1969 – 1974), un espediente non isolato, in questa sede analizzato nella vicenda degli attentati di Madrid dell’11 marzo 2004. 
Le testate più conformiste, legate al governo, si adagiano sulla versione proposta dalle istituzioni che finisce per assumere in quel momento il valore di mainstream. Chi vuole proporre ricostruzioni diverse, deve realizzare inchieste giornalistiche remando controcorrente, con il rischio di rimanere soli tra la diffidenza e l’ostilità dei poteri istituzionali. 
Le ricostruzioni indipendenti si scontrano con veti, reticenze e minacce. Le stesse difficoltà che incontra la stampa si riflettono negli iter giudiziari, spesso incredibilmente lunghi, a causa di timori, depistaggi, silenzi. È la trama comune che si ritrova nella vicenda di Wilma Montesi, nel crollo della diga del Vajont, nella strage di Ustica.

Il silenzio è un altro atteggiamento delle testate conformiste che non vogliono toccare temi scottanti. Questa strategia può essere adottata non in conseguenza di un evento clamoroso, ma quando da inchieste indipendenti affiorano verità scomode o altrimenti inconfessabili. Da questo punto di vista il caso Watergate e la pedofilia nelle istituzioni ecclesiastiche rappresentano vicende a lenta emersione che dilagano sulla stampa in forza del rigore delle prime inchieste e del coraggio delle testate giornalistiche di esporsi. 

Due casi particolari sono rappresentati dalla condizione dell’inviato di guerra e dall’esplosione dello scandalo di corruzione politica di inizio anni Novanta, legato all’inchiesta della magistratura denominata “Mani pulite”.
Il reporter di guerra, quando non appartiene al Paese interessato al conflitto, si trova nella situazione migliore per poter raccontare gli eventi. All’interno di uno stesso conflitto gli scenari sono multipli e non sempre facilmente controllabili. Lo spettro delle ricostruzioni non può essere completo, ma diventa importante quello che l’inviato racconta in quanto testimone diretto. Anche in questo caso, le ricostruzioni possono non essere influenti sul Paese di appartenenza del cronista, ma lo diventano per le autorità del Paese coinvolto nel conflitto.

La vicenda di “Mani pulite” resta invece anomala nella storia del giornalismo italiano perché molte testate si sono sentite libere di raccontare le vicende, nel momento in cui è apparso chiaro il tramonto della classe politica al potere. Inoltre, la caduta degli storici leader ha aumentato le vendite dei giornali e l’audience dei telegiornali. Il giornalismo è sembrato libero perché si sono allentati i controlli, salvo rientrare in una dimensione più guidata nel momento in cui si è delineato un nuovo assetto di potere. Può non essere una realtà edificante, ma la linea di indirizzo sulle notizie si articola spesso fuori dalle redazioni. Alle volte, la “capacità professionale” di un giornalista sta nel seguire l’indirizzo di fondo costruendo rappresentazioni credibili. Per realizzare questo obiettivo è necessario raccontare un pezzo di verità, modulando i giudizi per produrre l’effetto desiderato. Fortunatamente, come mostra il lento volgere delle inchieste presentate, il giornalismo non è soltanto un funzionariato al servizio di qualcuno, ma è anche una professione condotta con onestà intellettuale e indipendenza. 

Mirco Dondi
Storico contemporaneista, si occupa dei fenomeni terroristici con particolare riferimento al modo in cui vengono raccontati. Nell’ambito dellacultura popolare indaga su come le televisioni private, nel ventennio 1974 – 1994, hanno contribuito a cambiare l’Italia. E ‘autore di diverse monografie scientifiche e di due romanzi, l’ultimo di questi I soldi degli altri, ha vinto il Premio Letterario Internazionale Città di Cattolica Pegasus Literary Awards 2024.

(Aggiornato al 4 luglio 2024)