Digital

Il Grinch che (non) è in me

Giuro che sono stata una bambina “normale”: ho avuto un’infanzia mediamente felice e ho creduto indistintamente all’esistenza sia di Gesù Bambino che di Babbo Natale, al quale puntualmente ho scritto la classica letterina piena di desideri (traducibili prevalentemente in cicciobelli di varie fogge) e naturalmente ho atteso l’arrivo dei regali con molta ansia e trepidazione.

Con il passare del tempo, però, la magia natalizia mi ha abbandonata. Non so di preciso quando sia successo e per quale motivo; sta di fatto che negli ultimi anni, quando il Natale si avvicina come solo lui sa fare, per niente silenzioso, eccessivamente in anticipo, quasi troppo luminoso, con tutti i suoi Babbi e tutti i suoi alberi luccicanti, le palle e i presepi e i pacchi e i pranzi e le cene e i servizi al telegiornale che raccontano quanto spenderanno, cosa mangeranno, dove passeranno le festività gli italiani…ecco, quando succede tutto questo, un vago senso di disagio si impossessa di me. Può addirittura capitare che, per un attimo, mi ritrovi incredibilmente d’accordo con mia madre, che già a metà novembre comincia a invocare l’arrivo della vecchia signora “che tutte le feste si porta via”.
Per cercare “conforto” e sentirmi un po’ meno sola, ho deciso di avventurarmi in una piccola esplorazione nel web. Mi è bastato digitare sul motore di ricerca l’espressione “anti Natale” perchè mi si aprisse un mondo. Innanzitutto, ho scoperto di essere malata: ho la sindrome di Grinch. Proprio come quella creatura buffa, verde, pelosa e scorbutica, che nell’immaginario di molti avrà le sembianze di un Jim Carrey, intenzionato a «rubare» lo spirito del Natale, sabotando la festa, facendo dispetti e seminando zizzania.

Quella di Grinch non è affatto una malattia rara: per ogni persona che ama il Natale pare essercene una che, almeno a parole, lo odia. O per lo meno che, più si avvicina il 25 dicembre, meno si sente in linea con i sentimenti di gioia, armonia e bontà incondizionata che in questo periodo dell’anno sembrano essere obbligatori. Il contrasto tra come ci si sente e come invece la società richiederebbe di sentirsi, genera un malessere interno, una sensazione di essere fuori posto, quasi sbagliati, come se in questi giorni il diritto di essere tristi e nostalgici fosse proibito.

Oltre al Grinch, il cinema ha sicuramente dato man forte nello smentire la credenza che a Natale siamo tutti più buoni e più contenti. Accanto a un pullulare di storie incorniciate dal vischio, dagli zampognari e dall’amore che, un po’ stucchevolmente, vince su tutto, esistono tantissimi titoli poco convenzionali, indubbiamente lontani dai classici schemi della felicità forzata sotto l’albero. Faccio solo qualche esempio dalle pellicole più recenti e commerciali. In “Una notte violenta e silenziosa” troviamo un Babbo Natale ubriaco e vendicativo, che vorrebbe mollare tutto e andarsene in pensione, stanco dei bambini sempre più esigenti e dei loro genitori sempre più arroganti. “I migliori giorni” è invece una commedia amara su come le feste deraglino puntualmente rispetto ai buoni propositi e di fatto riescano a tirare fuori il peggio dei singoli e delle famiglie. “Babbo bastardo” è poi l’apoteosi del politicamente scorretto perché il protagonista è un ladro che ruba nei centri commerciali a Natale, dice le parolacce, è dipendente da alcool e nicotina; insomma incarna tutti i vizi che si vorrebbero nascondere sotto il tappeto per tutto il periodo delle feste. 
Io odio il Natale. L’ho detto. (…) E non per panettone e lucine, mi piacciono moltissimo. Io odio il Natale perché il Natale ce l’ha con me (…) Al Natale della tua felicità non gliene frega niente”.  A parlare è Gianna, la protagonista della recentissima serie Netflix “Odio il Natale”, che si avvia alla sua seconda stagione: Gianna è pronta a trascorrere un Natale che finalmente sembra davvero sorriderle. Invece sarà proprio lo spirito natalizio a rivelarsi uno spiritello birichino che le tirerà l’ennesimo scherzo, scombinando ancora una volta le carte in tavola.

La mia indagine in rete mi ha portato alla scoperta di altre curiose, e spesso inquietanti, manifestazioni anti natalizie. Negli Stati Uniti, la catena d’abbigliamento Urban Outfitters ha messo in vendita una maglietta con la scritta “Babbo Natale ti odia” e un Santa Claus che saluta sorridente con il dito medio alzato. La maglia, venduta al prezzo di 28 dollari, ha avuto un successo eccezionale.
In Canada, invece, da molti anni esiste il programma “Write to Santa”: i bambini sono invitati a scrivere a Babbo Natale, indirizzando la lettera a un preciso codice postale. Una volta che le lettere sono giunte a destinazione, oltre 11 mila impiegati postali si preoccupano di rispondere. Nel 2007 però dieci bambini della zona di Ottawa si sono visti recapitare altrettante missive dal contenuto di pessimo gusto. La frase più gettonata è stata “questa lettera è troppo lunga, stupido moccioso”, mentre alcuni hanno ricevuto varianti come “vai a quel paese tu e le tue Barbie”. Ed è partita la caccia all’elfo cattivo…

Al termine della mia ricognizione, ho abbandonato il web e ho deciso di rivolgermi alla letteratura, e in particolare ai classici contemporanei. Avendo “frequentato” a lungo, durante gli anni dell’università, lo scrittore Luigi Pirandello, mi sono ricordata che la sua immensa produzione letteraria comprendeva anche una mezza di dozzina di novelle incentrate sul significato delle festività e in particolare del Natale. Ho riletto Sogno di Natale e ho capito che nemmeno lui aveva un rapporto idilliaco con il 25 dicembre e dintorni.

Era festa dovunque: in ogni chiesa, in ogni casa: intorno al ceppo, lassù; innanzi a un Presepe, laggiù; noti volti tra ignoti riuniti in lieta cena; eran canti sacri, suoni di zampogne, gridi di fanciulli esultanti, contese di giocatori… E le vie delle città grandi e piccole, dei villaggi, dei borghi alpestri o marini, eran deserte nella rigida notte. E mi pareva di andar frettoloso per quelle vie, da questa casa a quella, per godere della raccolta festa degli altri; mi trattenevo un poco in ognuna, poi auguravo: «Buon Natale» e sparivo…

Ero già entrato così, inavvertitamente, nel sonno e sognavo. E nel sogno, per quelle vie deserte, mi parve a un tratto d’incontrar Gesù errante in quella stessa notte, in cui il mondo per uso festeggia ancora il suo Natale. Egli andava quasi furtivo, pallido, raccolto in sé, con una mano chiusa sul manto e gli occhi profondi e chiari intenti nel vuoto: pareva pieno d’un cordoglio intenso, in preda a una tristezza infinita”.

Alla fine di questa strampalata “ricerca” mi sono sentita sicuramente meno sola, ma all’improvviso, forse per reazione, ho sentito un senso di tristezza, quasi di repulsione. E non per il Natale. Ma per chi il Natale lo odia. Ho avuto quasi nostalgia dei miei attacchi di mal pancia che, da bambina, accompagnavano puntualmente le notti che precedevano la Vigilia in cui arrivavano i regali; ho capito insomma che probabilmente non sono una vera Grinch e credo di aver intravisto qualche possibilità di guarigione. Forse.
Nel frattempo, Buon Natale a tutt*. A quelli che lo amano, ma soprattutto a quelli che ne farebbero volentieri a meno. 

(Aggiornato al 20 dicembre 2023)