Due scarpette di colore diverso. Nessuno mai, prima di lui, si era presentato a una finale olimpica così. Ma non fu per questo – bianca la scarpa destra, nera quella del piede sinistro – che Dick Fosbury divenne un monumento sportivo. Classe 1947, di Portland nell’Oregon, Fosbury vinse la medaglia d’oro nel salto in alto alle Olimpiadi di Città del Messico del 1968 stabilendo il nuovo record olimpico con la misura di 2,24 metri. Non era il favorito. E lasciò tutti a bocca aperta quando saltò “a gambero”, volgendo le spalle all’asticella scavalcandola con la schiena.
Oggi questa tecnica è adottata da ogni saltatore di qualsiasi ordine e livello nelle competizioni di salto in alto in ogni continente. Ma fu allora, il 19 ottobre del 1968, che il giovane di Portland – Fosbury aveva 21 anni – la mostrò per la prima volta agli occhi del mondo intero, puntati sugli ultimi istanti della telecronaca allo Stadio Olimpico di Città del Messico. “L’inquadratura è fissa su Fosbury”, commentava il cronista. “La lunga preparazione… Poi il molleggio diventa sempre più frenetico, parte con una rincorsa molto più attenta e molto più vivace: 2,24 metri superati con grandissima agilità! Ancora una volta Fosbury stupisce tutti. È lui il campione olimpico! Dick Fosbury si segnala con una nuova tecnica e vince il salto in alto con una dimostrazione di grande superiorità”.
Si consumò in quella finale una grande storia di innovazione. E quel salto, in apparenza così strano, dapprima denominato “a gambero” e poi “a dorsale”, divenne universalmente noto con il suo nome: il Fosbury Flop. Di origini britanniche – i genitori erano emigrati dall’Inghilterra – lo statunitense Richard Douglas Fosbury, detto Dick, aveva fatto la storia.
L’innovazione del salto di Fosbury riguardava più aspetti. In primo luogo, la rincorsa: che Dick compiva in modo curvilineo e non linea retta, come gli altri atleti. In secondo luogo, lo scavalcamento dell’asticella: eseguito dallo statunitense in modo dorsale e non ventrale, come era in uso da almeno 50 anni. In pratica, nel momento del salto Fosbury realizzava una rotazione sul piede di stacco, oltrepassando l’ostacolo con il dorso rivolto verso il basso e curvando all’indietro il corpo. “Credo che il flop – avrebbe detto in seguito a proposito del suo gesto – sia uno stile naturale e che io sia stato solamente il primo a scoprirlo”. In terzo luogo, la nuova tecnica, perfezionata da Fosbury mediante anni di lavori e di ricerche nel campo della biomeccanica applicata con l’Oregon State University, si presentava anche come il rispecchiamento di certe innovazioni nell’ambito dei campi di gara. Infatti, in particolare per quanto riguardava la fase di atterraggio, erano stati adottati in quegli anni i nuovi materassi di schiuma sintetica (quelli in uso ancora oggi), che consentivano all’atleta un impatto più morbido rispetto alle soluzioni precedenti, che utilizzavano trucioli di legno o sabbia. In questo modo si rendeva possibile l’atterraggio di schiena, come conseguenza del nuovo flop di Fosbury.
Il nuovo stile introduceva un nuovo gesto atletico le cui leve valorizzavano non soltanto la componente della potenza, quella che si richiedeva maggiormente nel “salto ventrale” con la schiena rivolta verso l’alto, ma anche la destrezza e il coordinamento, necessari per imprimere la rotazione dal piede attraverso la corsa curvilinea e innescare così una certa forza centripeta. Era un gesto più tecnico, dove la componente della potenza rimaneva centrale ma perdeva un po’ della sua importanza.
Ci vollero alcuni anni prima che il Fosbury venisse adottato anche dagli altri atleti. Ma la strada era segnata.
Ai Giochi Olimpici del 1972, a Monaco, 28 dei 40 partecipanti la utilizzarono. Tutti gli altri si adeguarono in vista dei Giochi successivi, a Montreal nel 1976.
Recentemente, poco prima della sua scomparsa, Richard Douglas Fosbury avrebbe ricordato le sue giornate olimpiche, nello stadio gremito di Città del Messico, con queste parole: “Quando iniziammo a saltare altezze più elevate, il pubblico cominciò ad ammutolire durante il miei salti, già durante la preparazione, quando mi dondolavo avanti e indietro pensando a ciò che avrei dovuto fare. Poi iniziai la corsa. Mi preparai bene, corsi verso l’asticella ed eseguii il mio salto. Era il salto migliore che avessi mai fatto. Quando ero ancora in volo alzai le braccia mentre cadevo di spalle. Un istante dopo l’impatto con il materasso ero già balzato in piedi per festeggiare. Era il record americano e il record olimpico. Così vinsi l’oro. Lo Stadio esplose in un boato e fu semplicemente incredibile”.
Innovazione, tecnica e talento erano andati in scena e lo spettacolo si era compiuto. Davanti agli occhi dei fortunati spettatori, una pagina di storia olimpica era stata scritta. Negli archivi, come è stato detto, resterà il volo di Fosbury.
Nel 2023, in un tweet condiviso da IOC Media, il Presidente del CIO Thomas Bach ha dichiarato: “Dick Fosbury ha scritto una storia Olimpica indimenticabile rivoluzionando il salto in alto ai Giochi Olimpici del Messico 1968. I Giochi non sarebbero mai più stati gli stessi dopo la sua vittoria della medaglia d’oro a quei Giochi, ‘floppando’ attraverso l’asticella. Sarà ricordato per sempre come un eccezionale campione Olimpico”.
(Aggiornato al 20 dicembre 2024)