Accedere alla cultura è un diritto (non un optional)

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In una puntata dei Simpson, Bart si è infortunato e per qualche settimana deve stare con la gamba ingessata. Per andare a scuola usa la carrozzina, ma gli scalini all’ingresso gli impediscono di entrare. Con Lisa fa presente al preside Skinner che la scuola non è in regola. Skinner non fa in tempo a giustificarsi che subito compare Tony Ciccione (il mafioso di Springfield), informandolo che i lavori, appaltati a una delle sue ditte, sono già cominciati. Il giorno dell’inaugurazione, tutta l’opera, nello specifico un’immensa rete di scivoli inutili, crolla miseramente perché i materiali usati sono vernice, grissino e gommalacca.

Mettiamo pure che nella vita reale, in genere, le rampe non crollano: cosa accadrà quando il Bart di turno potrà finalmente “accedere” alla scuola?

Nell’accezione comune, rendere accessibile uno spazio – tema al centro di questo numero – significa, prima di tutto, consentire a tutte le persone di potervi entrare. Ma cosa succede una volta dentro a un museo, un teatro, un cinema, una scuola, un qualunque luogo pubblico in cui si fa cultura? Come possiamo rendere accessibili a ogni tipo di pubblico anche le immagini, i suoni, le parole, i contenuti, i servizi che si trovano in questi luoghi? Come fare perché ciascuno/a si senta accolto e non ospite inatteso, scomodo, finanche non voluto/a?

Nei pezzi che compongono il numero non parleremo solo di rimozione delle barriere architettoniche, ma cercheremo di raccontare l’esperienza di visita in spazi culturali in maniera complessa e articolata poiché, come sostengono Maria Chiara Ciaccheri e Fabio Fornasari, “l’accessibilità è un paradigma culturale” (Musei per tutti. Buone pratiche di accessibilità, Edizioni la meridiana, 2022). L’approccio che abbiamo adottato è duplice: da un lato una prospettiva teorica e di metodo, riflettendo sui modi di rappresentare e definire nel tempo la disabilità, e dall’altro una dimensione esperienziale e concreta, dando voce a chi cerca nella quotidianità di offrire soluzioni alle differenti esigenze dei pubblici.

Siamo convinti che la disabilità non debba costituire una questione di interesse solo per una nicchia di pubblico, la disabilità riguarda tutti noi. Pensare all’accessibilità significa, più in generale, porsi l’obiettivo di trasformare i luoghi culturali in spazi di inclusione, di condivisione, di partecipazione e, infine, di democrazia. Anche noi, nel nostro piccolo, ci stiamo provando: la Fondazione Museo storico del Trentino sta lavorando infatti al progetto Le Gallerie for all presentato nel bando PNRR del Ministero della Cultura, finanziato dall’Unione europea NextGenerationEU, “Rimozione delle barriere fisiche e cognitive in musei, biblioteche e archivi per consentire un più ampio accesso e partecipazione alla cultura”.

Sono questi i temi attorno ai quali ruota il numero di History Lab Magazine che vi proponiamo. Centrali sono come sempre i punti di vista. Con un’intervista a Sarah Chaney, ricercatrice alla Queen Mary University di Londra e autrice del libro Sono normale? Due secoli di ricerca ossessiva della “norma” edito in italiano da Bollati Boringhieri, lo sguardo si allarga su un concetto con cui la questione dell’accessibilità ha certamente a che fare: quello di normalità. È interessante capire come si è evoluto nel tempo, come è passato dal mondo matematico ad essere applicato alle persone, come ha finito per definirne, in modo quasi inconscio, l’identità e i giudizi di valore.
C’è poi una chiacchierata con Diana Anselmo, attivista, artista e performer Sordo. Diana è  disability manager per Oriente e Occidente, anche se preferisce si usi il termine accessibility manager. Nel suo intervento potrete conoscere la sua esperienza e la sua visione sulle questioni dell’accessibilità.

Ma come è nato il tema dell’accessibilità? Quando ha iniziato a essere visto? Impossibile fornire una data, si possono individuare però episodi ed eventi simbolici: li ha messi in fila Francesco Filippi nel suo pezzo La carrozzina della Regina.
A cambiare nel tempo è anche il linguaggio con cui si parla di disabilità: un mutamento che svela a sua volta l’evolversi del pensiero su questo tema. Di questo scrive Alice Manfredi in Disabilità, le parole per dirla.

Non possono mancare alcune riflessioni sulle esperienze di persone o gruppi che con la questione dell’accessibilità hanno a che fare direttamente. Davide Leveghi ha intervistato Augusto Tamburini, professore del Liceo Maffei di Riva del Garda e ha messo la sua storia al centro del suo articolo.
Anche La storia del buon soldato, produzione teatrale e televisiva realizzata assieme a utenti del Centro di Salute mentale di Cles e Mezzolombardo è emblematica in questo senso.

Ci sono poi due articoli dedicati a quanto accade all’interno dei musei e nella loro comunicazione per migliorare l’accessibilità. Ne scrivono nei loro pezzi  Francesca Rocchetti – che si concentra sulle iniziative nate in Trentino grazie al bando Pnrr già citato – e Francesca Musolino referente per quest’ambito all’interno del Mart – Museo di arte moderna e contemporanea.
Infine, la nostra consueta Gallery, questa volta curata da Matteo Gentilini, è dedicata ad un artista che, attraverso sculture che integrano il braille, invita a riflettere sul senso della vista.

Speriamo con questo numero di aver contributo – pur con un piccolissimo passo – al percorso di miglioramento dell’accessibilità nei luoghi culturali o per lo meno di implementare la riflessione su questi temi: vi auguriamo buona lettura, buon ascolto, buona visione!

(Aggiornato al 15 novembre 2023)