Il racconto storico dei nostri manuali scolastici spesso si nutre di date fisse che servono ad identificare i punti di svolta nella vita delle civiltà. Una sorta di portali spazio-temporali che, una volta varcati, cambiano radicalmente le condizioni di vita, gli equilibri, le regole di una società: “476 d.C., la caduta dell’impero romano”; oppure “il 12 ottobre 1492 Colombo scopre l’America…”.
Date utili per mandare a memoria la successione cronologica degli eventi e mettere ordine nel passato, ma che spesso rischiano di non permettere la comprensione del reale svolgersi degli avvenimenti.
Quasi mai infatti le trasformazioni storiche avvengono in modo così netto. Anzi molto più spesso si tratta di periodi di lento cambiamento e chi le vive non si accorge nemmeno di trovarsi nel bel mezzo di “eventi epocali”. La maggior parte delle persone conduce la propria vita nel quotidiano senza essere investita direttamente da quello che per i posteri risulta essere un fatto fondamentale; di più, sono spesso le persone che interpretano il passato a definire “storiche” alcune date che per chi le ha vissute non sembrano aver avuto poi così grande importanza. Nel quinto secolo dopo Cristo nessuno avrebbe definito la deposizione di Romolo Augustolo come “la fine del mondo romano”, mentre la presa della Bastiglia del 14 luglio, oggi festa nazionale francese, per quasi un secolo non fu indicata come una delle tappe fondamentali della Rivoluzione.
Quello che per gli storici si trasforma in una data di svolta, molto spesso è semplicemente una tappa di un cammino di transizione molto più complesso, sfaccettato e poco riconoscibile per chi lo vive da dentro.
In questo numero di History Lab Magazine, realizzato in occasione dell’ottantesimo anniversario della fine della seconda guerra mondiale, ci occuperemo di quei periodi di passaggio che caratterizzano la storia umana, spesso dalla violenza del conflitto alla costruzione di un nuovo ordine, in lunghi periodi che passano dalla guerra alla pace ma che per comodità vengono spesso sintetizzati in un’unica, facile data da mandare a memoria.
Con Alba Bonetti, presidente di Amnesty International Italia, parleremo di cosa significa passare dalla guerra alla pace, tra ferite da rimarginare e memorie da costruire.
Con Guido Melis affronteremo poi uno dei momenti di transizione “per eccellenza”, quello dalla guerra alla pace in Italia alla fine della seconda guerra mondiale, in cui i punti di continuità sembrano molti, molti di più dei punti di rottura.
Arianna Arisi Rota analizzerà il concetto stesso di pace, che non si riduce alla firma di un trattato o alla sospensione della violenza ma si snoda come un vero e proprio processo di cui è difficile delimitare contorni e aspetti.
Anche perché non è vero, come scrive in questo numero Lorenzo Gardumi parlando del caso del dopoguerra in Trentino, che la fine della guerra sia la fine della violenza.
In questo tema ci accompagnerà il podcast Tornare a casa in un Paese in guerra, a cura di Davide Leveghi e la cronologia curata da Tommaso Baldo.
Alice Manfredi presenterà un racconto particolare della guerra, quello fatto con le immagini degli albi illustrati che raccontano la guerra ai più piccoli.
Francesco Filippi in questo numero scriverà di quei particolari personaggi di cui è piena la Storia, che riescono a sopravvivere ad ogni situazione e attraversare indenni le peggiori catastrofi “facendo la storia”.
Questi e molti altri i contenuti di un numero che vuole provare a mostrare il complesso percorso necessario per vedere la storia che cambia e per comprendere i mille modi in cui, tra una data e l’altra, la storia si snoda lenta, ma inesorabile.
(Aggiornato al 30 aprile 2025)