Ancelle, altre metà, grandi donne dietro grandi uomini: fino a quando questi modi di dire saranno usati per indicare metà della popolazione del mondo? Il fatto che il maschile eterosessuale sia stato considerato il punto di riferimento, il masterpiece della specie, ha fatto sì che tutto ciò che non è riconducibile a questo modello, sia considerato subordinato: vale per il femminile ma anche per le identità di genere meno definite e tradizionali. Il mondo non è fatto solo della dicotomia maschile/femminile, ci sono tante sfumature tra questi due poli dell’identità di genere e la società civile sta – con velocità diverse – vivendo quotidianamente queste sfumature, che cercano tutele e diritti.
L’8 marzo, il giorno della festa della donna, si può dedicare a molti aspetti della questione femminile. Quest’anno abbiamo pensato che potesse essere interessante mostrare alcune permanenze culturali legate a meccanismi inconsapevoli, eredità ataviche, che favoriscono gli stereotipi che penalizzano le donne, ma rischiano anche di schiacciare gli uomini in ruoli che possono risultare ormai stretti.
Francesco Filippi, mette in luce l’effetto degli stereotipi di genere con coraggio e ironia, e indossa per un giorno l’abito del maschilista, sebbene i pregiudizi siano diffusi anche tra le stesse donne, non immuni dal patriarcato.
Del resto anche la ricerca scientifica è condizionata dall’attribuzione di caratteristiche diverse al maschile e al femminile, che ne condizionano la posizione gerarchica. Come spiega Enza Elena Spinapolice, questo vale per la ricerca archeologica, che ha sempre declinato tutto lo studio dell’evoluzione della nostra specie al maschile, riducendo l’importanza dei ritrovamenti femminili: quanto può valere una semplice “Lucy”, rispetto a un “Homo Sapiens”?
Lo stesso vale quando ci si sposta dal passato remoto delle caverne alla storia moderna e contemporanea. Francesca Brunet e Siglinde Clementi mostrano la scarsa attenzione che la ricerca storica regionale, e in particolare trentina, ha avuto per la storia delle donne e di genere. Impietoso è poi il resoconto di Tommaso Baldo sulla presenza di pagine dedicate a donne in Wikipedia: solo il 16% del totale, nella versione italiana.
Dove si apprende la divisione tra maschi e femmine con la relativa asimmetria di status? Lo racconta la voce dello scrittore e fumettista Matteo Bussola, che, nell’incontro con Alice Manfredi, parte dalla sua esperienza di padre (non mammo!) per raccontare il permanere di stereotipi di genere nell’educazione delle bambine e dei bambini.
Di fronte alla potenza della tradizione, della comunicazione commerciale (dove ancora troppo spesso la donna distribuisce merendine e parla di detersivi) e cinematografica, ci sono anche molti esempi che propongono anche altre visioni.
Sara Zanatta ha raccolto la posizione di Serena Dandini, autrice televisiva che negli anni ottanta del secolo scorso aveva interrotto la presenza maschile nei programmi rai con La Tv delle ragazze, e ora autrice del volume Donne valorose. Simile nel contenuto di questo libro, ma diverso nel genere comunicativo, c’è il gioco voluto dall’Eusalp Annual Forum intitolato significativamente Where are women in the Alps? Francesca Rocchetti ha aperto la scatola per provare questa sorta di gioco dell’oca dedicato a 21 donne a vario modo protagoniste della scoperta delle Alpi.
Sulla stessa scia tra ricerca e didattica, troviamo il percorso di ricerca storica e artistica Donne leggendarie. Realizzato da otto adolescenti, che hanno trovato nel Centro socio educativo dell’Associazione Ubalda Bettini Girella di Rovereto l’occasione per scoprire sei biografie femminili particolari. Il risultato delle loro riflessioni è diventato un progetto di arte urbana grazie ai manifesti disegnati da Michela Nanut e affissi per le vie della città.
I comportamenti delle persone non sono però solo individuali, sono espressione di un più vasto sistema di valori, gerarchie e comportamenti che coinvolgono prima di tutto le istituzioni. Se ne parla nel Lab che raccoglie gli interventi del convegno Istituzioni violente: pratiche, luoghi e saperi contro le donne. Storiche e storici spiegano, in una prospettiva di lungo periodo, il modo in cui le istituzioni scolastiche, scientifiche, religiose e che amministrano la giustizia sono permeate della tradizione che giudicava le donne deboli e subordinate.
(Aggiornato all’8 marzo 2023)