C’è un periodo dell’anno nel quale ci si può trovare a mangiare crostini infradiciati da un’improbabile salsa guacamole marca Aldi mentre dei tizi vestiti da Translagorai implorano un contadino nepalese di dar loro ospitalità nel suo carretto.
Accade, in particolare, quando in TV inizia Pechino Express. Il format prevede una gara a tappe attraverso più paesi, con i concorrenti VIP muniti solo di uno zaino e una piccola somma (non spendibile per mezzi di trasporto, vedi l’amico nepalese sopra). Siccome quel periodo dell’anno è arrivato, giusto qualche settimana fa mi sono chiesto quali fossero le coppie sfidanti. E parte la googlata.
Tra Gli italoamericani e Gli ipocondriaci (i nomi delle squadre sono sempre alquanto evocativi) mi soffermo su due ragazze, Le attiviste. La prima è Giorgia Soleri e subito capisco la declinazione dell’attivismo in questione: femminismo, nella sua variante social-influencer. L’altra, invece, non la conosco. Si fa chiamare Federippi e si definisce «attivista femminista online e offline, impegnata più in generale sul tema dei diritti sociali». La perplessità diventa curiosità e mi scatta il millennials-moment. Insta, Federippi, follow.
Ricci ribelli, occhi mix espressivo-combattivo, instagrammabile tanto, profilo curato. All’anagrafe Federippi è Federica Fabrizi, nata nel 1996 a Matera ma di casa a Roma dove si è trasferita per studio. “Combatto il patriarcato e i capelli crespi. Leggo, scrivo e annego i dispiaceri nella cedrata” dice la sua bio. Subito, me la immagino con un drink in una mano e con l’altra che lancia bigodini contro il burbero fruttivendolo sotto casa mia. Poi continuo la bio: “in libreria con FEMMINUCCE”.

Federippi ha da poco pubblicato per Rizzoli un libro che raccoglie le biografie di alcune “femminucce”, come le chiama in modo provocatorio.
Donne che, al contrario, hanno rotto lo stereotipo di debolezza associato al termine per lasciare un segno nella storia. Già, la storia, o meglio la prospettiva storica. Nel libro ce n’è parecchia, è lei stessa a chiedersi:
“Com’è cambiato il movimento [femminista] nel tempo? Cosa abbiamo imparato dalle battaglie passate? E, soprattutto, possiamo davvero definirle “passate”?”

Nel libro, tra le altre, ci sono le biografie di Rosa Luxemburg e Raffaella Carrà, Berta Cáceres e Janis Joplin, anche se, forse, c’è soprattutto l’autrice. Più che una galleria di vite esemplari, Federippi sembra raccogliere un album di esperienze sulle quali proiettare la propria formazione e sensibilità, estrapolando una serie di riflessioni che lanciano una passerella verso il presente. Le femminucce di oggi, scrive, sono le ultime in ordine di tempo di una lotta che affonda le sue radici nel passato.
“La pratica femminista quotidiana non è un percorso in solitaria ma una staffetta di cui, adesso, è il nostro momento di raccogliere il testimone. Noi siamo nuove generazioni di femminucce, pronte a darsi da fare affinché la corsa continui”.
Torno al mio smartphone. La curiosità è ufficialmente diventata interesse e vista la Federippi autrice mi chiedo come possa presentarsi quella delle IG stories. Sblocca, clack: torno al suo profilo Instagram.

Nella home scorrono diverse foto standard, postate nei vari formati (bucolico-riflessivo, home friendly, fotosfogo, party girl ecc.) Eppure, sin dai primi scroll, Federippi assomiglia già a quel vicino al quale, se chiedi la cortesia di ritirare un pacco per te, lo fa, ti invita a bere un caffè e ti trovi per un’ora a parlare di sessualità e cartoni animati (Lady Oscar, un classico). Questa attitudine confidential magari ad alcuni può sembrare indigesta, ma è anche funzionale al rapporto 1 a 1 col pubblico. È, in ultima, funzionale alla sua lotta.

Dall’età di 19 anni, Federippi ha cominciato a usare Instagram come il diario di crescita verso un femminismo che, dice, deve essere intersezionale; il punto di interconnessione tra diversi tipi di oppressione (genere, razza, classe, orientamento sessuale, disabilità). Oggi ha quasi 70.000 followers, per lo più della Generazione Z, a cui parla di parità di genere e di lotta alle discriminazioni.
Ma è in particolare quando accende la webcam che la Federippi influencer lascia posto all’attivista. Nelle dirette propone format di approfondimento, spesso in compagnia di altre colleghe.

Nel Rompibolle, intervista personaggi sensibili alle tematiche arcobaleno più o meno noti. C’è anche una puntata con la band La rappresentante di lista.

È anche “sul pezzo” se il discorso pubblico chiama in causa i diritti delle donne e, in generale, le disuguaglianze. Spesso commenta con ironia. Un esempio? Ha sfoderato una collezione di irriverenti reels durante la recente campagna elettorale.

Insomma, dopo un po’ che navigo il profilo, mi convinco: è ironica, impegnata e parla chiaro. Federippi funziona, lunga vita a Federippi! E’ forse questa la chiave che le permette di distanziarsi da certe derive dell’attivismo da influencer, dove spesso il discorso si fa unidirezionale e si esaurisce nella propria “bolla”.
Mentre penso questo sto ancora scrollando la home; incappo in una foto dove si vedono bandiere e striscioni e lì capisco. Federippi sta sui social ma la puoi trovare anche in strada. A una manifestazione (nota è la sua adesione al movimento Non una di meno), a promuovere una raccolta firme, nelle librerie e negli spazi occupati. Il suo è il lato più movimentista del femminismo da tastiera, dove riporta il vissuto tra la gente. L’effetto, vuoi anche per la chioma, è quello di una sorta di Angela Davis fuori sede con il gusto del selfie. È un’influencer politica e lo rivendica; l’anima militante del femminismo dei like.
(Aggiornato all’8 marzo 2023)