Humboldt Forum: a Berlino una rivoluzione copernicana

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Ci fu un tempo in cui il paesaggio museale berlinese segnò il senso stesso del “musealizzare”. Anzi, potremmo dire che l’Isola dei Musei a Berlino – patrimonio UNESCO – altro non fece che codificare il significato stesso della musealizzazione nel suo idealizzare e preservare i vari modelli del mondo quasi in una forma sacrale di esercizio religioso. I musei dell’Isola, partendo dall’Altes Museum fino alla Alte Nationalgalerie (il filosofo Hegel pensava che la pittura romantica qui conservata fosse il punto più alto dell’evoluzione storica), sono l’emblema di quell’era in cui il sapere museale era tutto concentrato nell’oggetto d’arte stesso, guardato e ammirato nella distanza aurale. Dentro questo esercizio di stile, bellezza e armonia il ruolo dello spettatore era sicuramente marginale, condannato a una posizione passiva, di osservatore, goditore e conoscitore parziale, sempre in una posizione subalterna ai reperti e alle opere.

Da allora sono cambiate molte cose. Il lento quanto inesorabile crepuscolo degli dei, delle mitologie e dell’aura sacrale dell’opera d’arte, già iniziato nel periodo delle avanguardie della Repubblica di Weimar negli anni venti, ha trovato la sua continuazione nel conflitto mondiale e poi nel Secolo breve, con le sue varie “distruzioni della ragione”. La fine della “dialettica del superamento” hegeliana – ribattezzata da Adorno come “negativa” – ha rimesso in discussione anche il ruolo dei musei, intesi come templi dedicati alla preservazione ed esposizione dei saperi universali. A emergere in questo progressivo disfacimento dell’ordine cosmico vi è stato però l’altro polo fondante il culto museale, ovvero l’osservatore, spettatore o turista che dir si voglia. Emblema di questa trasformazione è il nuovo Humboldt Forum, inaugurato a Berlino nel 2020.

Sorto sulle rovine del vecchio castello degli Hohenzollern prima e del Palast der Republik (sede del governo della DDR) dopo, lo Humboldt Forum si presenta oggi come espressione di questo stravolgimento del rapporto tra osservatore e osservato. Lo stile composito dell’edificio (in parte copiato dal castello originale, in parte ripensato dentro uno stile razionalista) introduce i visitatori a una nuova forma di esperienza museale, decostruita e aperta all’osservatore. Le sette mostre – con temi che spaziano da “Berlino città della rivoluzione” a “oggetti della scienza come oggetti d’arte” – sono segnate da questa necessità di raggiungere attivamente il pubblico, interrogandolo. Ogni oggetto presentato nelle sale di questo nuovo polo culturale viene estrapolato dalla sua presunta appartenenza tematica per assumere un nuovo significato a partire dai dibattiti, dalle sensibilità e dalle questioni socio-culturali e politiche di oggi.

Berlin Global, Humboldt Forum

E così il Novecento delle rivoluzioni non esiste senza la raccolta di commenti e feedback di visitatrici e visitatori rispetto alla loro definizione di “essere rivoluzionario”; le collezioni delle sale etnografiche sono costantemente passate al setaccio nella loro natura coloniale, quasi minate dalla loro stessa presenza in un museo etno-archeologico che forse non ha più diritto di esistere. La scienza humboldtiana di un sapere universale viene rivelata nel suo essere intrinsecamente violenta, patriarcale e parziale. Lo stile del Biedermaier, patrimonio di una certa cultura borghese tedesca e austriaca, è stigmatizzato nell’utilizzo compulsivo dell’avorio di cui è effetto, ottenuto col sangue di milioni di elefanti, esseri viventi vittime del dominio cieco e dispotico dell’uomo sulla natura.

Humboldt Forum, Berlino

Allo Humboldt Forum lo spazio museale cessa di essere il tempio del sublime; esso si apre a un processo conoscitivo attivo in cui gli oggetti vengono continuamente ricollocati nella logica di questo mondo.

I musei oggi occupano quindi la terra di mezzo tra soggezione e critica, tra educazione e consumo, tra gerarchia e democratizzazione. Su questo terreno fertile e talora incerto, si attua la sfida corrente, alla quale le istituzioni museali non possono sottrarsi: quella dell’accrescimento di un pubblico attento, consapevole e responsabile.

(Aggiornato al 17 novembre 2022)