“Bisogna che tutto cambi affinché tutto rimanga com’è”, diceva il giovane Tancredi allo “zione”, principe di Salina. Una massima che per alcuni ha costituito una sorta di condanna dell’immobilismo, ma che in alcuni casi ha costituito una via di sicura sopravvivenza e prosperità per chi l’ha saputa percorrere.
Voltagabbana, per alcuni, addirittura traditori. Per altri saggi interpreti del proprio tempo. Gente capace di passare da una situazione al proprio opposto con abilità e senza pagare dazio.
Parlando solo del caso italiano, c’è chi prova a fare di necessità virtù, come Agostino Depretis che fa accordi un po’ con chiunque coniando il termine “trasformista”; chi come l’ex rivoluzionario Francesco Crispi si ricicla “uomo forte” dell’Italia umbertina; chi infine passa da socialista libertario al farsi chiamare “duce”.

Anche se, di tutti gli esempi possibili di “galleggiatori di transizioni”, il più significativo rimane Gaetano Azzariti. Magistrato, tecnico del diritto di straordinaria abilità, entra nel ministero di Grazia e Giustizia come funzionario quando ancora è in piedi il sistema liberale e ne esce da Presidente della Corte Costituzionale della Repubblica democratica nata dall’antifascismo, ricoprendo nel mentre incarichi quali il presidente del tribunale della razza mussoliniano ed essendo uno dei principali artefici dell’architettura teorica delle più feroci leggi del fascismo, tra cui quelle razziali.

Azzariti passa tutta la vita all’interno del ministero di Grazia e Giustizia collaborando con qualsiasi governo gli si ponga davanti. Quando il fascismo ha necessità di forzare le libertà garantite dallo Statuto albertino è Azzariti a fornire il supporto teorico e interpretativo necessario a mantenere la facciata di legalità mentre si butta dalla finestra il concetto di giustizia.
Quando il regime cade Azzariti rivendica la sua qualità di tecnico, non di politico, della giustizia, e come tale entra nel governo Badoglio nell’estate del fascismo senza Mussolini. Dopo l’8 settembre si nasconde e dopo l’entrata degli alleati a Roma rientra in punta di piedi nelle stanze del ministero che ormai è casa sua.
Attenzionato dalle inchieste sulla defascistizzazione, il suo dichiararsi mero esecutore della volontà fascista e i suoi molti agganci in una struttura che negli anni aveva contribuito a formare lo fanno passare pressoché indenne tra le maglie della giustizia resistenziale.
Quando il nuovo apparato democratico ha bisogno di rodare e mette in essere una delle più grandi istituzioni della Repubblica, la Corte costituzionale, ecco che al suo vertice arriva uno con un curriculum di lunga data, solido. Un tecnico. Gaetano Azzariti. E poco importa se fino a un decennio prima Azzariti aveva teorizzato la negazione di tutti i principi rappresentati dalla Carta Costituzionale: egli è un uomo dello Stato. Non importa che tipo di Stato.
La palma del galleggiatore professionista in epoca moderna va comunque a Charles Maurice de Talleyrand-Périgord, principe di Benevento, duca di Talleyrand, pari di Francia ed ex vescovo cattolico, per tutti “le caméléon”, il camaleonte.

Nato da una nobile famiglia francese, intraprende la carriera ecclesiastica e grazie agli ottimi agganci parentali a trentaquattro anni, nel 1788, è vescovo di Autun. Ottimo oratore, alla convocazione degli Stati Generali nel 1789 siede tra i banchi del clero, mettendosi subito in luce nella fazione conservatrice, salvo poi, dopo la presa della Bastiglia, passare dalla parte dei rivoluzionari. Propone con successo, lui vescovo, la confisca dei beni ecclesiastici, operazione attraverso cui riesce ad arricchirsi enormemente. Lavora alla Costituzione civile del clero e alla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino (1789). Scomunicato da papa Pio VI, intraprende la carriera diplomatica proprio mentre la Francia rivoluzionaria scende in guerra con il resto d’Europa, riuscendo a ottenere la neutralità inglese. Quando la situazione per la monarchia precipita, Talleyrand passa dalla parte dei giacobini. Riesce a farsi spedire in Inghilterra proprio mentre il furore giacobino se la prende con la nobiltà. Dopo la caduta di Robespierre Talleyrand torna in Francia e diventa ministro degli esteri, carica che manterrà quasi ininterrottamente sotto il Direttorio e durante il dominio di Napoleone. Già nel 1809 però Talleyrand prende contatti con Metternich, cancelliere austriaco, per cominciare a preparare il “dopo Bonaparte”. Negli anni successivi riesce a smarcarsi dal suo imperatore tanto che, quando i russi occupano Parigi nel 1814, vedono in Talleyrand una figura chiave per la possibile ricostruzione del potere civile in Francia.
Rimane ministro degli esteri anche all’inizio del regno di Luigi XVIII, e come tale è protagonista del Congresso di Vienna, salvo poi essere “promosso”, gran Ciambellano di Francia ed escluso da incarichi di governo. Quando con la rivoluzione di luglio del 1830 i francesi cacciano i Borbone ecco che Talleyrand riappare come ambasciatore in Gran Bretagna. Ormai anziano, riesce a ottenere un ennesimo successo: imporre un proprio candidato, Leopoldo di Sassonia Coburgo-Gotha, sul trono del neonato regno del Belgio.
In punto di morte lui, ex vescovo, riesce con un ultimo stratagemma a farsi dare l’estrema unzione con una formula che gli riconosce la carica episcopale, andandosene da questo mondo senza aver rinnegato nulla, pur avendo rinnegato tutto. Gli rendono estremo saluto la Chiesa di Francia, a lui che ne aveva confiscato i beni, la famiglia reale, benché ex giacobino, e l’intera società francese, che a fasi alterne aveva avuto motivi più che validi per odiarlo o esaltarlo.
“Uomini per tutte le stagioni”, che in realtà le stagioni le fanno, più che attraversarle. Perché un tratto comune dei grandi sopravvissuti ai passaggi epocali è quello di essere, nonostante tutto, utili al cambiamento.
Figure che riescono a mettere la propria esperienza al servizio di sistemi mobili, precari, che necessitano di chi ne comprende il funzionamento e sa immaginarne l’evoluzione.
Quasi tutti i “galleggiatori” di successo assecondano il cambiamento o, addirittura, lo guidano. Più facilmente se non ci sono scrupoli di coscienza.
(Aggiornato al 30 aprile 2025)