Un museo del fascismo a Predappio: quest’idea è stata animatamente dibattuta da intellettuali e da esponenti della classe politica. Un’iniziativa che può essere compresa solo guardando a cosa è stato e cosa è oggi Predappio.
La Predappio originale era un abitato completamente diverso rispetto a quello che conosciamo oggi: si trattava infatti di un antico borgo collinare sorto intorno ad un castello. A due chilometri da esso, nei pressi di un bivio stradale, si trovava una piccola frazione: Dovia, questo era il suo nome, era composta da poche case, una scuola e un’osteria. Un paese come ce ne sono tanti in pianura padana, con una particolarità non trascurabile: il 29 luglio 1883 vi nasce Benito Mussolini.
Nel 1925 il fascismo diventa un regime totalitario e Predappio subisce una vera e propria trasformazione. Dovia è ribattezzata Predappio Nuova e nel 1927 diventa capoluogo, mentre il borgo originario – chiamato Predappio Alta – viene retrocesso a frazione. Dovia ben presto viene conosciuta semplicemente come Predappio e inizia a ingrandirsi. La casa natale di Mussolini è trasformata in una sorta di museo dedicato alla sua famiglia e alla sua infanzia e il paese diviene meta di frequenti visite del Duce e pellegrinaggi collettivi, oltre che teatro di pubbliche cerimonie.
Poi arrivano la guerra, l’armistizio, l’invasione tedesca, la Repubblica sociale italiana e la resistenza. Mussolini non torna più a Predappio da vivo. Il suo corpo viene tumulato nel locale cimitero il 31 agosto 1957 dopo una lunga vicenda che l’aveva visto, prima sepolto in un’anonima tomba a Milano, poi trafugato dai neofascisti e quindi recuperato dalla polizia e restituito alla famiglia.
ll sindaco comunista di Predappio al tempo, Egidio Proli, è d’accordo a seppellire il cadavere presso il cimitero di San Cassiano dichiarando “non ci ha fatto paura da vivo, non ce la farà da morto”. A partire dal 1983 le cose però cambiano: la prefettura di Forlì ritira l’ordinanza che vietava la vendita di souvenir e gadget fascisti. Il 1983 non è certo una data casuale, si celebra il centenario della nascita di Mussolini e il quarantesimo di fondazione della Repubblica sociale italiana, costituitasi a Salò all’indomani dell’armistizio dell’8 settembre 1943.
Da quel momento Predappio divenne luogo accogliente per neofascisti e fascio-curiosi, secondo la fortunata espressione usata da Wu Ming 1 nel suo approfondito reportage in tre puntate Predappio Toxic Waste Blues (https://www.wumingfoundation.com/giap/2017/10/predappio-toxic-waste-blues-1-di-3/). La cronologia è abbastanza indicativa: nel 1997 il comune acconsente all’apertura di negozi con oggettistica fascista, nel 1999 riapre la casa natale di Mussolini, l’anno successivo la villa del Duce a San Martino in Strada – a una decina di chilometri da Pedrappio – viene acquistata dall’imprenditore Domenico Morosini e trasformata nel mausoleo “Villa Mussolini. Casa dei ricordi”.
Da allora in questo paese della pianura padana si sono susseguite le ben note manifestazioni e cerimonie, descritte dalla stampa locale, nazionale e internazionale.
È proprio in questo contesto che si inserisce la proposta di trasformare la ex Casa del Fascio e dell’ospitalità di Predappio in un museo sulla storia del fascismo. Un’iniziativa perseguita innanzitutto dall’allora sindaco Giorgio Frassineti, eletto in una lista civica ma esponente del Partito Democratico. Nel giugno del 2015 un comitato consultivo – di cui facevano parte storici e intellettuali tra cui Marcello Flores, Giovanni Gozzini e Vittorio Emiliani – rese pubbliche alcune linee guida del progetto che prendeva le mosse da questa considerazione: “un museo storico non è mai, se concepito e realizzato con criteri moderni, una celebrazione di un punto di vista della storia, né di quello che ha vinto, ma neppure di quello più giusto; bensì lo strumento per comprendere la storia e interagire con essa sulla base delle conoscenze, dei valori, dei problemi del presente” (Linee guida per il progetto del museo storico previsto nell’ambito del riuso della ex-casa del fascio e dell’ospitalità di Predappio. 8 giugno 2015. Firmato da Marcello Flores, Patrizia Asproni, Andrea Emiliani, Vittorio Emiliani, Massimo Gardini, Carlo Giunchi, Giovanni Gozzini, Patrizia Marti).
Un approccio che ha diviso storici e intellettuali. Da un lato vi era chi pensava che un museo di questo genere a Predappio potesse servire a storicizzare quel luogo e la figura di Mussolini, di fatto sottraendoli al mito e quindi togliendo al movimento neofascista uno dei suoi luoghi-simbolo. Erano di questa opinione Sergio Luzzato, David Bidussa e Alberto De Bernardis. Dall’altra vi era chi temeva invece una normalizzazione e un definitivo sdoganamento della narrazione neofascista, paventando il peso del contesto e l’inserimento del progetto nel frame narrativo della memoria condivisa. Del fronte dei perplessi facevano parte Giovanni De Luna, Carlo Ginzburg, Mario Isnenghi, Simon Levi Sullam. (Per una puntuale e approfondita ricostruzione del dibattito si rinvia a Mirco Carrattieri, Predappio sì, Predappio no… Il dibattito sulla ex Casa del fascio e dell’ospitalità di Predappio dal 2014 al 2017, E-Review / 6 / 2018).
Il sindaco Frassineti, nel settembre 2015, acquista dal Comune l’edificio in questione sostenendo che il progetto avrebbe potuto contare su fondi statali, regionali, comunali e su uno stanziamento della Cassa di Risparmio di Forlì (Eleonara Capelli, Predappio, per il museo del fascismo 4,5 milioni di euro pubblici, La Repubblica, 16 febbraio 2016).
Nel frattempo Emanuele Fiano, deputato del Partito Democratico, elabora la proposta di legge volta a vietare ogni forma di apologia del fascismo, compresa la vendita di souvenir. Una misura che i sostenitori del progetto del museo a Predappio vedevano come la garanzia della effettiva possibilità di neutralizzare la retorica neofascista che aleggiava sul luogo, mentre era avversata dal sindaco Frassineti.
Le posizioni ritenute ambigue di quest’ultimo spinsero il professor Paolo Pezzino a passare dal sostegno nei confronti della realizzazione del museo alla contrarietà, espressa con un articolo pubblicato sulla rivista Patria Indipendente (Paolo Pezzino, Museo di Predappio: perché ho cambiato idea, Patria Indipendente, 18 maggio 2018).
Le elezioni del 2018 segnano sia uno stop al progetto sia all’approvazione della legge Fiano.
L’anno successivo a Predappio diventa sindaco Roberto Canali: esponente della “Lega Nord per Salvini premier”. Canali sale ben presto agli onori delle cronache negando i fondi comunali a favore dei viaggi di istruzione ad Auschwitz, poiché ritenuti un’iniziativa troppo faziosa. Nel gennaio 2020 la nuova giunta di Predappio annuncia di aver abbandonato il progetto di un museo sul fascismo e trasforma la ex Casa del Fascio e dell’ospitalità nella sede di un’istituzione finalizzata allo studio della storia locale.
(Predappio, la giunta leghista ci ripensa sul museo del fascismo: progetto pressapochista, Open Online, 16 gennaio 2020)
La mancata realizzazione di un percorso espositivo dedicato al fascismo – oltre alla specificità della vicenda – lascia in sospeso una questione reale e concreta, che ciclicamente viene posta all’attenzione del dibattito culturale e politico italiano: siamo davvero in grado di fare i conti con quella pagina del nostro passato?
(Aggiornato al 15 giugno 2022)