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Tornare a casa in un Paese in guerra: il nuovo podcast sul 1944

Le storie raccontate nell’ultimo podcast della Fondazione Museo storico del Trentino, “1944. Verso casa?”, si sviluppano in un’Italia spaccata in due dalla guerra civile. È il 1944 e Luigi Laviosa, marinaio, e Guido Degasperi, alpino, si trovano rispettivamente nel Regno del Sud e in un campo di prigionia tedesco nel Sud della Francia. Il loro è un destino opposto accomunato però da un unico desiderio: tornare a casa e riabbracciare i propri cari. Il 1944 è un anno di passaggio: l’Italia è sospesa tra “il non più e il non ancora”. Non c’è più il regime, caduto per volere del Gran Consiglio del Fascismo, che nella notte del 25 luglio 1943 ha esautorato Mussolini. Non c’è più l’Asse, rinnegato dal re e dal capo del governo Badoglio, che hanno deciso di firmare un armistizio con gli Alleati. L’Italia ora è spaccata in due: da una parte il Regno del Sud e gli Alleati, che a fatica cercano di liberare la penisola, dall’altra gli occupanti tedeschi e il regime collaborazionista di Salò. Mussolini ne è a capo, renitenti alla leva, antifascisti di vecchia data e sbandati ne sono gli oppositori, in montagna come in città. La guerra di liberazione si combatte centimetro per centimetro. I tedeschi oppongono una resistenza strenua lungo la linea Gustav, fra Abruzzo e Campania. Gran parte dei soldati del disciolto Regio esercito, infine, sono prigionieri dei tedeschi in varie parti d’Europa. Dopo l’annuncio dell’armistizio dell’8 settembre 1943, i vecchi alleati nazisti hanno puntato loro contro il fucile, ponendoli di fronte alla scelta di proseguire la guerra al loro fianco o di consegnarsi come prigionieri. Hitler non vuole concedere loro le tutele garantite ai prigionieri di guerra, per questo li chiama “Internati militari italiani”. Il loro numero si attesta attorno alle 600.000 unità.

In questo quadro si svolgono due vicende che hanno dello straordinario, conservate negli archivi della Fondazione Museo storico del Trentino. Luigi è figlio di un ingegnere e di una archeologa di fama internazionale, Pia Zambotti, originaria di Fondo, in Val di Non. Qui si è recato, nell’agosto del 1943, per qualche giorno di licenza, in cui conosce la giovane sfollata ferrarese “Magaloli”. Di lei non sappiamo molto, se non che Luigi se ne innamora. È lei la destinataria di uno scambio epistolare che dopo l’8 settembre e la fuga a Sud dei marinai dell’Accademia di Venezia, dove Luigi è rientrato dalla licenza, si trasforma in un monologo. Un monologo lungo quaderni e quaderni che ci fa immergere nell’universo emotivo di un giovane colto e di buona famiglia, oltre che nella vita di un aspirante ufficiale di Marina posto di fronte a scelte decisive. Nel 1944, infatti, gli Alleati si impantanano nel fronte dell’Italia meridionale e questo li spinge a rivedere la propria scelta di non coinvolgere ciò che rimane dell’esercito italiano. Di fronte a Luigi si apre così la possibilità di provare il suo coraggio e di combattere l’odiato nemico tedesco. È una scelta sofferta, che trova la contrarietà del suo più stretto amico d’Accademia. È una scelta, soprattutto, che avrà conseguenze terribili per l’intera famiglia Laviosa. 

Ben diversa è la vicenda di Guido, soldato, contadino, trentacinquenne di Civezzano, paese a pochi chilometri da Trento. L’8 settembre lo coglie mentre si trova nella Francia meridionale: i tedeschi lo catturano e Guido si rifiuta di proseguire la guerra. Viene rinchiuso nel campo di Hyerès, in Provenza. Da qui, nell’aprile 1944, deciderà di fuggire assieme ad altri internati trentini. Comincia così un viaggio picaresco, fatto di sofferenza ma soprattutto di colpi di fortuna. Guido si imbatte nelle umanità che vivono l’Europa nazifascista. Conosce e viene aiutato dai partigiani francese, scorge da lontano quelli italiani. Incontra altri sbandati, fa la conoscenza dei terribili gendarmi tedeschi e dei giovani e odiosi militi della Muti. Ritrova dei vecchi amici, che lo aiutano, e nel giro di pochissimi giorni giunge alle porte del Trentino, vicinissimo a esaudire quello che è stato sin da subito il suo desiderio più grande, il motore che gli ha dato la forza di scappare dal lager, gettarsi da un treno e rischiare l’arresto e la fucilazione tra Francia e Italia: rivedere i propri cari. 

Queste due storie sono raccontate in cinque puntate nel podcast “1944. Verso casa?”, prodotto dalla Fondazione Museo storico del Trentino nell’ambito dell’Ottantesimo anniversario della fine della Seconda guerra mondiale. Patrocinata dall’Istituto nazionale Ferruccio Parri, questa serie fa parte di una trilogia cominciata nel 2023 con la pubblicazione di “Settembre ’43. Lo Sfascio” e che proseguirà in questo 2025 con un ultimo podcast dedicato al 1945. Tema del prossimo podcast proprio le difficoltà di riprendere la vita a seguito di un conflitto. Ricominciare a vivere in un mondo in pace, soprattutto per chi ha vissuto per anni la guerra, la dittatura e gli orrori che queste comportano, risulta certo molto più difficile di quanto ci si possa aspettare. 

“1944. Verso casa?” si può ascoltare sulle principali piattaforme streaming (QUI Spotify: https://open.spotify.com/show/46Vqz4FqLoNEsYUzNt0i2N?si=fa023751c4c64e75). È stato ideato e scritto da Davide Leveghi e Tommaso Baldo, in collaborazione con Michele Toss. Basato sulla ricerca storica di Lorenzo Gardumi, che partecipa alle puntate con la contestualizzazione storica delle vicende raccontate, è narrato dalla voce di Federica Chiusole. A prestare la voce dei protagonisti sono Andrea Bonfanti e Giuliano Comin. Le musiche originali sono di Angelo Naso, le registrazioni, l’editing e il sound design di Denis Pezzato. 

(Aggiornato al 30 aprile 2025)