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Urban Games. Quando la città insegna

Quanto conosciamo la storia dei luoghi che viviamo quotidianamente? Cosa sappiamo davvero dei fatti accaduti nel passato nelle strade che attraversiamo tutti i giorni per andare al lavoro, delle voci che risuonarono nei cortili, delle ombre che si muovevano dietro quelle finestre?

La storia che attraversa i luoghi lascia delle tracce che spesso non siamo capaci di vedere, perché le stratificazioni del tempo si sono sovrapposte e nuove facciate e nuovi tracciati e luci e vetrine li hanno trasformati quasi irrimediabilmente, oppure perché non abbiamo lo sguardo giusto per vedere davvero qualcosa che sta proprio sotto il nostro naso.

A Milano, nei primi mesi del 1945, nella città presidiata dall’esercito nazista si muovevano i membri della Resistenza. Tra luoghi “amici” e luoghi “nemici”, strade ed edifici sono stati il palcoscenico sul quale si è svolta una delle pagine fondamentali della storia d’Italia.

Come si può raccontare, magari ad un gruppo di studenti, la storia di luoghi come questi in maniera coinvolgente e attiva? L’Associazione PopHistory ha immaginato qualcosa di diverso e molto coinvolgente: l’Urban Game Milano45.

Ne ho parlato con Igor Pizzirusso, membro del direttivo dell’Associazione e creatore assieme a Giorgio Uberti di Milano45. “PopHistory nasce nel 2017 per unire professionalmente gli studenti e le studentesse della prima edizione del master in Public History dell’Università di Modena e Reggio Emilia. L’idea era di creare un’opportunità per le persone che avevano fatto il master di mettere in pratica quanto avevano studiato proponendo contenuti, iniziative ed eventi con un approccio generale alla trasmissione del sapere storico che fosse vicino e coerente con la public history; un approccio che privilegiasse perciò l’uso di linguaggi nuovi e diversi, il coinvolgimento del pubblico, e delle comunità. Nella public history nella sua accezione più alta, ed estrema, il pubblico diventa autore del contenuto assieme allo storico. Da questo punto di vista il gioco rappresenta uno degli strumenti d’elezione perché al suo interno il giocatore è attivo, compie delle scelte e nel momento in cui interagisce con il passato diventa produttore del racconto storico. Il gioco storico, se fatto come si deve, è una vera pratica di public history”.

Urban Game Milano 45, @pophistory.it

Un gioco storico però può anche essere fatto senza muoversi dal divano, usando carte, dadi e pedine, l’urban game ha una marcia in più per quanto riguarda l’immersività: “Ė lo spostamento fisico da un luogo ad un altro che determina lo sviluppo del gioco. L’urban game punta proprio a far comprendere che significato hanno determinati luoghi, anche quelli ormai muti, dove non è presente un segno o una lapide. In Milano45 mandiamo i giocatori, divisi in gruppi, in missione per trovare e liberare Ferruccio Parri arrestato dai tedeschi: seguiamo i suoi spostamenti, andiamo nei luoghi dove è stato veramente. Usiamo veri documenti d’archivio come elementi decisivi per lo sviluppo della trama oppure funzionali alla risoluzione di enigmi. Tutto ciò rende la narrazione più verosimile e garantisce una fedeltà maggiore alla storia”.

Urban Game Milano 45, @pophistory.it

Che effetto ha questa modalità di trasmissione del sapere storico sugli studenti-giocatori? Riescono a comprendere e a trattenere le informazioni storiche con cui entrano in contatto durante il gioco?

“Prima del gioco viene fornita una breve scheda storica in cui si definiscono le coordinate spazio temporali e alcuni documenti e ritagli di giornale che stimolano la curiosità. Le regole del gioco vengono chiarite tutte in una prima fase offgame, in modo che poi le persone restino più concentrate possibile. Se il gioco viene proposto ad una classe si ha uno scopo formativo preponderante quindi si deve necessariamente prevedere un momento di debriefing, in cui capire che cosa è stato recepito e come. Ho notato principalmente due tipologie di giocatori: ragazzi che durante il gioco sono totalmente immersi e altri che sembrano meno coinvolti. Nella fase di debriefing ci siamo accorti che quelli che erano molto presi alla fine sono andati poco oltre l’esperienza ludica e hanno sviluppato una riflessione in misura minore rispetto a chi invece sembrava meno entusiasta e che in realtà aveva assorbito tantissimo. Il gioco comunque non può essere considerato uno strumento esaustivo per la trasmissione del sapere. Si tratta di un sistema semplificato e quindi è utile come icebreaker, come elemento di introduzione, un gancio per appassionare ad una tematica o ad un periodo storico. Dopo ci può essere una fase ulteriore di approfondimento, fatta a scuola, oppure demandata al singolo individuo, alla sua curiosità”.

(Aggiornato al 9 gennaio 2023)