Può lo sbarco in Normandia divenire un’attrazione turistica? O meglio: può questo evento diventare oggetto di un parco a tema che fra suoni, spettacoli e filmati porta gli spettatori a calarsi nella realtà del tempo? Un giro in questa affascinante regione della Francia, teatro dello sbarco alleato del giugno 1944, porta a dare una facile risposta alla prima domanda. Tante infatti sono le iniziative, museali ed esperienziali, che si possono visitare in questa zona, tutte con al centro l’evento in questione, spartiacque decisivo della storia europea e mondiale nella più sanguinosa delle guerre mondiali. Rispetto alla seconda, invece, la questione si fa spinosa.
Non è un caso infatti che un progetto proposto da alcuni privati e sostenuto dall’amministrazione normanna stia facendo discutere non poco, fra accuse di spettacolarizzazione e commercializzazione di un evento tanto drammatico e difese dell’accuratezza storica dell’iniziativa. Chiamato Hommage aux hèros, il nuovo sito si caratterizzerebbe come un teatro in movimento, con mille posti a sedere, che per quattrocento metri si sposta fra grandi schermi con filmati d’epoca, tableaux vivant, performance dal vivo e suoni realistici.
Sulla pagina web ufficiale, si legge che “‘Omaggio agli eroi’ imbarca gli spettatori in un viaggio a New York, in un’esperienza nei campi d’addestramento britannici e nello sbarco nel cuore della battaglia di Normandia”. Nel paese di Carentan-les-Marais, a qualche chilometro dalle spiagge che furono scenario dello sbarco alleato e dell’avvio della terribile battaglia di Normandia, “grazie alla combinazione delle più immersive tecnologie audiovisive e alla magia delle performance dal vivo” si vorrebbe “puntare a trasmettere e a rendere vivo a più persone possibile un pezzo della nostra storia comune con accuratezza, sensibilità e precisione, con una scrupolosa attenzione alla realtà storica e un dichiarato impegno ad attenersi alla storiografia corrente”. L’obiettivo, più volte ribadito, è di raggiungere a 28 euro al biglietto i 600.000 spettatori l’anno.
Spregiativamente denominato dai suoi detrattori “D-Day Land”, il progetto ha visto sul fronte contrario storici e associazioni dei reduci (non tutte). L’accusa principale ruota attorno alla trasformazione di un evento tanto drammatico in un prodotto commerciale. La vicinanza di questo parco tematico ai siti dello sbarco e ai cimiteri in cui riposano migliaia di caduti è giudicata immorale e indecente, svilente di una trasmissione della memoria che non dovrebbe – sempre secondo i detrattori, su tutti il professore di storia della Sorbona Bertrand Legendre – trasformarsi in un’esperienza commerciabile.
E’ possibile, chiedono, che lo sbarco in Normandia venga trasformato in un “pacchetto” esperienziale che in 45 minuti conduce lo spettatore nella storia, suscitando emozioni “pre-confezionate”? Secondo la presentazione del progetto, infatti, per ogni scena sarebbero previsti 4 minuti. Si può pertanto, proseguono i contrari, “pilotare” le emozioni degli spettatori senza produrre in loro alcuna riflessione? Le risposte a queste domande non possono essere che retoriche. La storia, e ancor meno le vicende dei suoi protagonisti, non possono essere trasformate in un prodotto.
Nell’affrontare questo dibattito, non ho potuto evitare di pensare alla mia vicenda personale. È proprio in Normandia, e nello specifico in alcuni dei siti dedicati allo sbarco diffusi sul territorio, che la mia passione per la storia è stata alimentata. Avevo undici anni e una grande curiosità sulla seconda guerra mondiale; così i miei genitori, durante un viaggio in camper, mi hanno accompagnato a visitare le spiagge degli sbarchi, gli immensi cimiteri di croci bianche e uguali, alcuni fra i musei dedicati a quei fatti. Fra questi, il cinema a 360º di Arromanches.
Enorme sala cinematografica con schermi su tutti i lati, questo cinema circolare proiettava (e tuttora proietta) filmati originali sulla battaglia di Normandia, dalla sua gestazione allo sbarco. Ricordo l’emozione, a tratti la paura per i rumori assordanti degli aerei in partenza per la Francia, i proiettili sibilanti su quelle spiagge che avevo appena visitato, le immagini – terribili – della guerra, fino alla conquista di Parigi. Per un attimo fui così strappato dalla realtà per esser calato in quella di settanta anni prima. Quell’esperienza, al di là delle emozioni contrastanti che mi provocò sul momento, non fece che rafforzare il mio interesse, la voglia di saperne di più.
L’immedesimazione, in sé, non è un male, ma quando privata di una solida riflessione finisce per perdere la sua funzione, per sfumare via e lasciare spazio a una nuova esperienza. Un’esperienza usa e getta. È questo ciò che leggendo il dibattito che infuria in Francia attorno a Hommage aux hèros mi è venuto in mente: i contrari indicano una china verso cui progetti del genere tendono a scivolare, quella dello svilimento della storia. Oltre all’oltraggio alla memoria dei caduti, il rischio è infatti di perdere ogni funzione pedagogica.
Non si tratta tanto di un’accusa alla spettacolarizzazione, su cui il cinema e la televisione già contribuiscono abbastanza. Si tratta di svuotare un evento dal suo drammatico contenuto, restituendone solamente il guscio. La storia, così, diventa qualcosa di più di una semplice attrazione turistica. Diventa un prodotto come un altro, un prodotto da scartare, consumare e (più) facilmente dimenticare.
(Aggiornato al 17 novembre 2022)